MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


30.6.06

Ascolti delle ultime settimane

Thy Catafalque: Tűnő idő tárlat [2004] (*)
Da un po' di tempo piace tanto l'etichetta "avant-metal". La si usa, prevalentemente a sproposito, per classificare gruppi fuggiti dal black per approdare a un prog-metal tanto distante dai Dream Theater quanto vicino al progressive più classico. Ai rari casi di mia conoscenza in cui l'appellativo abbia senso (Kayo Dot e Garden Wall) si aggiungono gli ungheresi Thy Catafalque, ancora senza contratto ma con all'attivo svariati album scaricabili dal loro sito internet. Il disco in questione è una prolississima e ambiziosisma mazzata da un'ora e dieci, strutturata in lunghi brani che uniscono black metal, elettronica e dark-ambient neoclassico, creando negli episodi migliori un muro iper-effettato tanto devastante quanto etereo. Ancora non sono in grado di giudicarlo, è senza dubbio un disco che va sentito parecchie volte ma la lunghezza e le atmosfere fanno sì che non sia proprio la cosa che uno ha voglia di ascoltare in ogni momento. Per intanto lo segnalo, perché interessante e atipico lo è di sicuro.

SikTh: The Trees Are Dead and Dried Out, Wait For Something Wild... [Import, 2003] 8/10
Una forza della natura gli inglesi SikTh, che con il loro album di debutto dimostrano come nu-metal, metalcore e una massiccia dose di melodismo "a prova di MTV" possano convivere in una formula originale, affatto "venduta" e soprattutto dirompente, irresistibile. Se si dovessero elencare le loro apparenti influenze non si finirebbe più: Korn, Meshuggah, Atheist, Botch, System of a Down, tonnellate di screamo... In realtà, nelle interviste i nomi a emergere sono ben altri: Metallica, Iron Maiden, David Bowie e perfino Johnny Cash! A prescindere da questo, quest'album è una vera bomba. Sezione ritmica mostruosa, con un basso in slap letale a supportare il rap-scream schizofrenico dei due cantanti, che lo alterno a passaggi di voce pulita (e veramente molto "MTV"). Una formazione iper-tecnica, con le chitarre impegnate ora in riffoni mitraglianti modello Meshuggah ora in funambolismi dissonanti. Disco senza mezzi termini, anche se "estremo" non è la parola adatta, visto che mostra perennemente gli artigli ma sotto sotto è sostanzialmente pop. Una curiosità: c'è pure dentro una buona cover di "Tupelo" di Nick Cave, non esattamente quello che ci si aspetterebbe da un gruppo del genere.

Ephel Duath: Pain Necessary to Know [Earache, 2005] 8,5/10 (R)
Craw: Craw [Choke, 1994] 7/10 (R)
Craw: Lost Nation Road [Choke, 1994] 8/10 (R)
Jesu: Silver [EP] 7,5/10 [Neurot, 2006]
Russian Circles: Enter [Flameshovel, 2006] 7/10 (R)
This Will Destroy You: Young Mountain [Magic Bullet, 2006] 7/10
Circle Takes the Square: As the Roots Undo [Robotic Empire, 2004] 8/10 (R)
At the Drive-In: Relationship of Command [Virgin, 2000] 9/10 (R)
The Mars Volta: Tremulant [EP] [Gold Standard, 2002] 7/10
The Mars Volta: De-Loused in the Comatorium [Universal, 2003] 7,5/10 (R)
The Mars Volta: Frances the Mute [Universal, 2005] 6,5/10
Nucleus: Labyrinth [Vertigo, 1973] 7/10 (R)
Last Exit: [self-titled] [Enemy, 1986] 7,5/10 (R)

Het: Let's Het [Woof, 1984] 8,5/10 (R)
Quanto devo ringraziare Embryo (di Ondarock, n.d.w.) per avermi consigliato questo disco. Perché è così poco citato? E' un capolavoro mica da ridere, e lo dico nonostante ricordi molto i Residents e io detesti i Residents. Musica oscurissima, schizoide, brani di un tribalismo frastornante, con queste voci che ti rimbombano dentro la testa e se va bene ti rincoglioniscono e basta, se va male ti fan sentire pazzo. Bella merda, no? E allora qualcuno mi spieghi perché non riesco a smettere di ascoltarla, mi da' assuefazione. Ho passato dei pomeriggi ad ascoltare questo delirio esoterico arrivando a sera completamente rintronato (anche se la geometria differenziale ci metteva del suo). Un disco da pazzi. Letteralmente.

The Science Group: Spoors [ReR Megacorp, 2004] 8/10
Birdsongs of the Mesozoic: The Iridium Controversity [Cuneiform, 2003] 7,5/10 (R)
The Feelies: Crazy Rhythms [A&M, 1980] 8,5/10 (R)
Stars: Set Yourself on Fire [Arts & Crafts, 2005] 7,5/10 (R)

Why?: Elephant Eyelash [Anticon, 2005] (*)
Giudizio rinviato per questo disco, che ho in loop da due giorni. Di primo acchito, mi sembrava una prova di grande stile e personalità, ma un po' forzata, trattenuta quasi per sembrare più "intellettuale" di quel che fosse in realtà. "E dai raddoppia il ritmo del rap / e fallo partire sto ritmo disco su / hai voluto l'arpeggio in 29/8 ora rappaci sopra maledetto te". Queste impressioni rimangono, come rimane la sensazione che nel complesso sia un po' iperprodotto e degli arrangiamenti più spartani (un po' alla Neutral Milk Hotel) gli avrebbero giovato parecchio. Però a poco a poco sto innamorandomi prima di questo e poi di quel brano, continuando a percepirne i difetti ma mettendoli tranquillamente da parte di fronte a tanta "solare malinconia" e tanta sincerità. Però una cosa devo dirla: bei testi eh, ma non capisco che cavolo vogliano dire :|

cLOUDDEAD: Ten [Mush, 2004] 7,5/10 (R)
Ghostigital: In Cod We Trust [IPECAC, 2006] 7/10
Antipop Consortium & Matthew Shipp: [self-titled] [Thirsty Ear, 2003] 6,5/10
Spring Heel Jack & Blue Series Continuum: Masses [Thirsty Ear, 2001] 8/10
Michael Andrews: Me and You and Everyone You Know O.S.T. [Everloving, 2005] 7/10

26.6.06

Ghostigital: Northern Lights

Oh, io quando ho scaricato sto album mica lo sapevo che c'era una canzone che si chiamava così. E' hip-hop, ma di quello figo, non storcete il naso. C'è dietro un tipo che stava negli Sugarcubes (da cui viene anche Bjork) e una marea di collaboratori, tra cui i Dälek e il cantante dei Fall. Ero incuriosito da quel che potesse essere l'hip-hop alternativo islandese e devo dire che non c'entra niente coi suoni "nordici" e cristallini che mi aspettavo. Siamo dalle parti degli Antipop Consortium (almeno per quel che ne capisco) e la schizofrenia è alle stelle.
Comunque la canzone la posto per il titolo :)

Ghostigital: Northern Lights

25.6.06

Odio Giugno

Uh, io non posto dal concerto dei Tool e non ho ancora detto com'è andato. Vabbé, non c'è molto da scrivere: benissimo. E' stato maledettamente emozionante e coinvolgente anche se per vedere qualcosa mi sono rifugiato in una posizione un po' defilata, sulle gradinate, piuttosto che restare nel mucchio in piedi davanti al palco, che senza dubbio avrà sentito meglio. 40 euro ma li rispenderei domani (se potessi). Sono dei fighi e soprattutto sono un Gruppo con la "G" maiuscola: mai visti musicisti e cosi' coesi, con un rapporto così fraterno come quello che hanno mostrato nei pochi "momenti buchi" del concerto. Però Maynard ha 40 anni e passa e con la cresta è un po' ridicolo. [La Foto è un bluff, è di Coachella]

Dal concerto me ne torno a casa con due magliette, una blu e una rossa, tanti ricordi (spero) indelebili e un 10/30 (LOL) allo scritto di geometria differenziale del giorno dopo. No no, non è colpa dei Tool, casomai di Tremonti che ho incrociato la mattina uscendo dalla stazione.
Questa bella mazzata ha fatto sì che abbia dovuto stravolgere tutte le mie tabelle di marcia, ed è poi il motivo per cui non ho scritto in questi giorni e ho davvero poco da scrivere anche ora, perfino nella playlist of the week. Devo preparare due esami contemporaneamente in una settimana, quindi in questi giorni la mia vita consiste nello studiare otto ore al giorno e poco altro.

Unico fatto degno di nota: l'altroieri il mio gatto (si chiamerebbe "Bigio", ma correntemente il suo epiteto più in voga è "Il Povero Bombo") è stato operato per un bozzo tumorale sul fianco e ora ha cinquanta punti metallici addosso e sembra il mostro di Frankenstein. Io mi immagino la sensazione di sto sfigato che il giorno prima stava benissimo, tutto normale, e la mattina dopo si sveglia tutto pelato su un fianco, mezzo squartato, con tutto quanto che gli fa male e la mobilità ridottissima. Dev'essere tipo svegliarti in un vicolo che ti manca un rene, solo che lui cosa sia successo non riesce nemmeno a immaginarlo. Povero Bombo.
Che altro dire? L'altro giorno mia mamma ha preso a noleggio quella che riteneva fosse una delle sue solite commediole americane, che invece si è rivelato un film assolutamente delirante e decisamente meritevole. "Me and You and Everyone We Know". E' americano ma giuro che all'inizio mi sembrava impossibile. Intendiamoci, nel film non c'e' una persona normale che sia una, sono tutti minimo svampiti da far paura, ma cavolo, paradossalmente con un film così uno si rende conto che anche gli americani possono essere persone normali. Non ci sono quelle pisciate americane sulla famiglia, il matrimonio, il college, i mall, la metropoli, il ranch dello zio e ste cose che bene o male ritrovi dappertutto, di qualunque genere e qualità sia il film. No, davvero si ha a che fare con un'America che è molto più Europa di quanto abbia mai immaginato, fatta di famiglie spezzate ma senza drammi e diseredamenti, modesti negozi di scarpe, gente che prova a dare una svolta alla sua vita ma senza la "grande America" a fagocitarlo o dargli la spinta. Film stranissimo, stralunato, ha una storia ma più che altro va letto come un insieme di frammenti, dialoghi surreali, inquadrature, luci e colori assieme "indie", minimali e affascinanti. E la colonna sonora, avrei giurato fosse tipo dei Matmos dei Mùm o giù di lì, invece è del compositore che ha fatto anche quella di Donnie Darko (come delirio della trama siamo lì, ma Donnie Darko è l'America, questo no) e ora la sto scaricando.
La genialata più geniale la scrive il bambino di sei anni in chat: "Voglio fare la popò avanti e indietro. Io faccio la popò nel buco del tuo sedere e poi tu la rifai nel buco del mio. E continuiamo a fare avanti e indietro con la stessa popò. Per sempre".

19.6.06

Meno di dieci ore

18.6.06

Ascolti della settimana (14-18 Giugno)

Chiedo scusa per la playlist meno approfondita del solito ma sono sommerso dallo studio. Peraltro un sacco dei (troppi) nuovi ascolti è fatto in maniera approssimativa e andrà risentito più volte con maggior concentrazione. Vedrò di integrare nel corso della settimana.

della settimana:
Hope of the States: The Lost Riots [Sony, 2004]
7/10 (R)
Non lo ascoltavo da due anni. Mi ricordavo un disco con una prima traccia stupenda (e in effetti è bellissima e epica, tra Radiohead e Constellation) e la rimanente parte di nessun rilievo. Invece sono rimasto piacevolmente sorpreso da questo alternative rock così vicino al post-rock, giurerei che sono canadesi e escono a bere coi Broken Social Scene, e invece sono del Sussex, che più inglesi non si può. C'è un piacevole incontro di stili e umori in questo disco: le melodie e la spensierata malinconia degli Stars e questi crescendo d'archi e batteria che ammazzano e conducono in estasi e fanno male come insegnano i maestri GYBE!. Certo a scavar bene un po' di Inghilterra ce la si sente, ma dove sbuca un tema brit-pop ("66 Sleepers to Summer") sotto c'è un violino e un ritmo incalzante e frastagliato che viene dritto da Toronto. E' vero, l'album è altalenante e "Don't Go To Pieces" è la ballata che neanche gli Oasis si sono abbassati a fare, ma il disco dura un'ora (in effetti è un po' prolisso) e di occasioni per compensare ne ha in abbondanza.

della settimana:
Keelhaul: Subject to Change without Notice [Hydra Head, 2003]
8/10
Tra i dischi a metà tra il math-rock e il metalcore che ho ascoltato, questo è senza dubbio quello che mi ha preso di più. La formula è distantissima da quella di Converge, Dillinger Escape Plan, Coalesce et simila, c'è meno baccano, l'elemento di isteria è praticamente assente. C'è tanto lavoro di destrutturazione e ricostruzione, invece, incastri ritmici che spesso suonano "al rallentatore" rispetto a quelli dei gruppi più vicini. Musica prevalentemente strumentale, con un netto elemento sludge, suoni nerissimi e fangosi si incrociano con chitarre ruvide, graffianti ma comunque "corpose" al contrario di quelle stridenti che spesso caratterizzano il genere. E qua e là, nelle progressioni dei brani più lunghi ma anche nelle sporadiche parti cantate, è il viscerale esistenzialismo di Neurosis e i Isis ad affiorare (non a caso il disco è Hydra Head). L'estetica qua non c'entra nulla col metal, ma nemmeno particolarmente col post-hardcore dei primi gruppi citati sopra, siamo nei territori inesplorati tra il math-rock e il post-metal, con un disco che però evita di suonare "concettuale" e resta coi piedi ben saldi a terra, anzi, che sprofondano nella melma.

The Work: Live in Japan [ReR, 1982] 7,5/10
Pere Ubu: The Modern Dance [Geffen, 1978] 6/10 (R)
Het: Let's Het [Woof, 1984] (*)
Fred Frith & Marc Ribot: Subsonic 1: Sounds Of A Distant Episode [Sub Rosa, 1994] (*)
Fred Frith & Henry Kaiser: With Enemies Like These, Who Needs Friends? [SST, 1979] (*)
Ahleuchatistas: On the Culture Industry [Angura Sound, 2004] 7,5/10 (R)
Zaar: [self-titled] [Cuneiform, 2006] 7/10 (R)
Last Exit: [self-titled] [Enemy, 1989] (*)
Saccharine Trust: We Became Snakes [SST, 1986] 7,5/10 (R)
NoMeansNo: Wrong [Alternative Tentacles, 1989] 7,5/10 (R)
The Freestyle Fellowship: Innercity Griots [4th & Broadway, 1993] (*)
A Tribe Called Quest: The Low-End Theory [Jive, 1991] 7,5/10 (R) (*)
Guru: Jazzmatazz Vol. 1 [Chrysalis, 1993] 7/10 (R)
Four Tet: Dialogue [Output, 1999] 8,5/10 (R)
Fridge: Happiness [Temporary Residence, 2001] (*)
Hood: Cold House [Aesthetics, 2001] 8,5/10 (R)
Larsen: Seies [Important Records, 2006] 7/10 (R)
The Evpatoria Report: Golevka [Shayo Music, 2005] 7,5/10 (R)
Esmerine: If Only a Sweet Surrender to the Nights to Come Be True [Resonant, 2003] 7/10 (R)
Yndi Halda: Enjoy Eternal Bliss [EP] [Big Scary Monsters, 2005] 6/10 (R)
Red Sparowes: At the Soundless Dawn [Neurot, 2005] 8/10 (R)
Botch: We Are the Romans [Trustkill, 2000] 7/10 (R)
June of 44: Tropics and Meridians [Quarterstick, 1996] 8/10 (R)
June of 44: Four Great Points [Quarterstick, 1998] (*)
Craw: Lost Nation Road [Choke, 2004] 8/10
Quicksand: Manic Compression [Island, 1995] 8/10 (R)
Turing Machine: A New Machine for Living [Jade Tree, 2000] 7/10 (R)
Turing Machine: Zwei [French Kiss, 2004] 8/10 (R)
U.S. Maple: Long Hair in Three Stages [Skin Graft, 1995] 7/10 (R)
The Velvet Underground & Nico: [self-titled] [Verve, 1967] 7,5/10 (R)
Peter Gabriel: [self-titled] [III] [Geffen, 1980] 7,5/10 (R)
Peter Gabriel: [self-titled] [IV] [Geffen, 1982] 10/10 (R)
Peter Gabriel: Up [Geffen, 2002] 7/10 (R)
Genesis: Nursery Cryme [Atco, 1971] 8,5/10 (R)
Il Balletto di Bronzo: Ys [Polydor, 1972] 7,5/10 (R)

(R) indica i riascolti, (*) i dischi da ascoltare meglio per un giudizio più significativo. Non l'ho mai indicato, ma dalla lista sono sempre esclusi classica, jazz e qualsiasi altra cosa non esplicitamente riconducibile alla musica leggera.

17.6.06

I Think I Lost My Headache

Gente non ci sto più dentro. Scusate se scrivo sbroccato e giovanile mi odio anch'io ma ora come ora non ho le facoltà mentali per evitarlo*. Dovrei già essermi rimesso a studiare le proprietà geodetiche ma ho il cervello in pappa, c'è dentro un fritto misto micidiale e non credo sia il caso di peggiorare la situazione. Pausa ancora per un'oretta buona.
Bah volevo scrivere le solite cose, che quest'esame è bello ma studiato così in fretta e furia è proprio una cagata, che l'uni è una merda per come è strutturata, che sono un pirla perché potevo mettermi sotto prima, e via dicendo. Ma le butto lì così senza strutturare perché non ho la testa manco per quello.
Lunedì concerto dei Tool, il giorno dopo l'esame. Follia.

* Oddio, il fatto che la stanchezza mi porti a scrivere così mi fa pensare che sotto sotto pensi così e la cosa mi inquieta anzichenò.

Flamenco Sketches

Passaggiavi per i margini d'autunno le stanze le foglie guardare verso il cielo viali l'acqua che scorre disegnano arabeschi fluttuano ombre sulla seta in controluce una candela una stanza i preparativi una donna chinata ripone lenzuola in una cassapanca. Sul tavolo due soldi d'argento gli occhiali rotti la finestra luce che filtra i campi le colline e un albero le rondini la scia di un aereo giocare in cortile osservare dal davanzale di un palazzo al terzo piano pile di libri accanto al divano i piatti del giorno prima cose da fare cose da sistemare ma il gatto dorme serafico e fa le fusa.

E' uno sclero momentaneo, associazioni di immagini più o meno come venivano. Una specie di sfogo. Torniamo alla geometria esistenzia... Differenziale, sant'iddio (era davvero un lapsus).

edit: "acqua che scorre" è Evangelion. Dannata adolescenza, mi ha forgiato la testa.

9.6.06

Ascolti della settimana (5-14 Giugno)

della settimana:
Lightning Bolt: Wonderful Rainbow [Load, 2003]
8/10
Me li avevano spacciati per metal avanguardistico. Se l'aggettivo "avanguardistico" ha ancora senso, loro lo sono senza dubbio, ma metal no di certo. Non è un problema, e peraltro è comprensibile che sia difficile categorizzare roba di questo genere. Di mio, non avevo mai sentito nulla di simile. Ok, i Ruins, i Boredoms, più o meno i territori sono quelli, ma i suoni e la velocità appartengono a un altro mondo. Non so che razza di effetti abbiano messo sti due di Providence sui loro strumenti, ma tutto suona iper-saturo e iper-effettato, elettronico. Leggo che il tizio canta col microfono in bocca e non stento a crederlo. La batteria è l'hardcore più secco, frenetico e meccanico che si possa immaginare, i pezzi sono deliri vulcanici in bilico tra geometria e convulsione. Bella merda, no? No. La prima reazione è "ma che diavolo sta succedendo?", la domanda successiva "da dove li tirano fuori sti suoni?". E mentre uno si interroga, inizia a intuire la precisione del disegno che sta sotto alla follia del disco. E' perfino melodico. A me "Hypermagic Mountain", presto!

della settimana:
Mew: And the Glass Handed Kites [Sony, 2005]
7,5/10
Questi Mew sono danesi e se ne sta parlando abbastanza. Gira la locuzione "progressive pop" e non posso essere incuriosito, anche se temo il solito abuso per indicare invece prolissaggini condite di pomposità varie. Vabbé, tentiamola, mi dico. Già alla prima traccia è chiara una cosa: questi di cosa sia il progressive una vaga idea l'hanno, ma il loro obiettivo non è assomigliargli. Non è mica ai Genesis che pensano, ma ai My Bloody Valentine. Un album fatto tutto di canzoni concatenate, un suono davvero molto shoegazer che però non ha paura di andare a ripescare dalla soffitta il caro vecchio mellotron. Senza dubbio quello che balza all'occhio è l'eclettismo della formula proposta: melodie sognanti ma immediatissime, arrangiamenti eterei arricchiti qua e là da pianoforte, fisarmonica e soprattutto tante tante tastiere, incastri ritmici tanto naturali quanto indecifrabili (spesso le chitarre sembrano suonare su un metro diverso dal resto, ma non son riuscito a verificare se è davvero così). Bello, bello. "Apocalypso"-"Special" è un'infilata difficile da non adorare.

Thom Yorke: The Eraser [XL Recordings, 2006] 7/10 (R)
Radiohead: Com Lag (2Plus2IsFive) [EP] [Emi, 2004] 7,5/10 (R)
Radiohead: Amnesiac B-Sides [non ufficiale, 2001] 7/10 (R)
(...And You Will Know Us By The) Trail of the Dead: Worlds Apart [Interscope, 2005] 5/10 (R)
Lanterna: Desert Ocean [Jemez Mountain, 2006] 6,5/10
Clogs: Lantern [Brassland, 2006] 7,5/10 (R)

The Evpatoria Report: Golevka [Shayo Music, 2005] 7,5/10
Di solito si dice: "diffidate dalle imitazioni". Applicare questa regola nel caso degli svizzeri Evpatoria Report porterebbe però a una perdita considerevole per chi ama l'originale, ovvero i Godspeed You Black Emperor!. "Golevka" è né più né meno che un clone dei primi dischi della band canadese, con l'aggiunta (determinante, peraltro) di qualche elemento preso in prestito a Mogwai e Explosions in the Sky. Un clone incredibilmente ben riuscito, tanto da non temere confronti con l'originale. Gli ingredienti ci sono proprio tutti: gli ostinati di archi, i crescendo, perfino i frammenti di comunicazioni radio, tutto orchestrato con la stessa maestria e quel paio di trovate in più, i muri di chitarra dei Mogwai e gli arpeggi puliti degli EITS, che trasformano un pezzo come "C.C.S. Logbook" in qualcosa di emotivamente devastante. Chapeau.

Esmerine: If Only a Sweet Surrender to the Nights to Come Be True [Resonant, 2003] 7/10
Grails: Red Light [Neurot, 2004] 8/10 (R)
Ulan Bator: Ego:Echo [Young God, 2000] 8/10 (R)
Dysrhythmia: Barriers and Passages [Relapse, 2006] 7/10 (R)

Collapsar: Collapsar [Escape Artist, 2005] 7,5/10
L'ho cercato in lungo e in largo, ma alla fine l'ho trovato. Un disco math-rock inequivocabilmente crimsoniano: mi sembrava talmente assurdo (e mi sembra tuttora) che nessun gruppo math desse segno di conoscere e amare chi il genere l'ha, a modo suo, inventato vent'anni prima di Don Caballero, Shellac e compagnia cantante! E invece questi Collapsar si direbbero essere cresciuti a pane, Dazzling Killmen, Slayer e King Crimson. Io, da bravo fanatico, ci sento soprattutto i King Crimson, nelle armonie, nelle progressioni, negli incastri ritmici. E perfino in quella chitarra che, cosa rarissima nel genere, intreccia linee melodiche sopra all'apocalisse noise-rock con un timbro molto personale sì, ma che al buon Robert Fripp deve più di qualcosina. Intendiamoci però: non è che questo è un disco che va bene se sei fissato coi King Crimson e altrimenti non vale nulla, anzi, è davvero interessante e ben riuscito nellala sua sintesi math-metal, lontanissima dai Dillinger Escape Plan o dai Meshuggah e vicina piuttosto a una versione più pesante e cervellotica dei Don Caballero. Ma poi, come si fa a non ammirare un gruppo che intitola una traccia "King Kong Died for Your Sins"?

The Mass: City of Dis [Crucial Blast, 2004] 8/10 (R)
Anacrusis: Manic Impressions [Metal Blade, 1991] 7/10
Meshuggah: I [Nuclear Blast, 2004] 8/10 (R)
Agalloch: Ashes Against the Grain [The End, 2006] 7/10
Agalloch: The Mantle [The End, 2002] 8,5/10 (R)
Ephel Duath: The Painter's Palette [Earache, 2003] 7,5/10 (R)
Ephel Duath: Pain Necessary to Know [Earache, 2005] 8,5/10 (R)

Garden Wall: Forget the Colours [Mellow, 2002] 7,5/10
Gli italiani Garden Wall, mi dicono dalla regia, sarebbero uno di quei gruppi neo-prog schifosamente genesisiani di cui si sente sempre meno il bisogno, se mai lo si è sentito. Sarebbero, o a quanto pare erano, perché questo "Forget the Colours" sfugge a qualsiasi genere di catalogazione. Delirio. Il primo paragone che mi vengono in mente sono gli ultimi Ephel Duath, ma molto più ricchi a livello di colori e arrangiamenti. L'influenza del death-metal più tecnico è evidente, ma la batteria pesantissima e le chitarre aggressive non sono che un elemento di un disco che fa dell'eclettismo la propria bandiera. La forma-canzone va completamente a farsi benedire, i brani sono un flusso che muta continuamente di riff e incastri sui quali si staglia la voce dilaniata di Alessandro Serravalle, sorta di Peter Hammill dell'espressionismo, impegnato in ogni sorta di latrato atonale. Disco impenetrabile e difficilissimo, dopo una dozzina di ascolti ancora non sono in grado di dire se mi piace davvero o no. Quel che è certo è che è un'esperienza unica, che piaccia o non piaccia merita di essere provata anche solo per lo straniamento che provoca.

King Crimson: Larks' Tongues in Aspic [EG, 1973] 9/10 (R)
King Crimson: Beat [EG, 1982] 7,5/10 (R)

King Crimson: Vrooom Vrooom [Discipline Global Mobile, 2001] 8,5/10
Doppio disco dal vivo della formazione a "double trio" registrato nel '96, questa carrellata selezionata di pezzi che vanno copre quasi trent'anni di storia è probabilmente il live definitivo dei King Crimson. Trent'anni che non si sentono, visto che tutti i pezzi sorgono a nuova vita alla luce del sound di Thrak. Ogni disco è un flusso assolutamente continuo, praticamente senza momenti morti, in cui sbalordire per il groove che pezzi vecchi e nuovi acquistano nelle riletture dell'incarnazione che forse incarna meglio l'idea fondamentale alla base del gruppo. Ad uscirne particolarmente bene sono i pezzi del periodo Discipline, che sprigionano in questa dimensione tutto il loro matematico potenziale. Gli incastri ritmici sono davvero qualcosa di ineguagliabile, e tutto l'insieme fa emergere quello che è un tratto distintivo della musica dei Crimson in generale: la dualità fra armonia e dissonanza, melodia e rifiuto delle scale usuali, lirismo e lucidità, immediatezza e cervelloticità. Questa è forse la chiave per decifrare il cammino artistico di un gruppo la cui grandezza, e lo dimostra un disco come questo, non si ferma certo a "The Court".

Heldon: Alez Teia [Urus, 1975] 6,5/10 (R)
Museo Rosenbach: Zarathustra [Ricordi, 1973] 5,5/10 (R)
Yes: Relayer [Atlantic, 1974] 7,5/10 (R)
Jon Anderson: Olias of Sunhillow [Atlantic, 1976] 7/10 (R)
Anderson, Bruford, Wakeman, Howe: [Self-titled] [Arista, 1989] 6,5/10 (R)

Bill Bruford: Feels Good to Me [EG, 1978] 8/10 (R)
Disco inspiegabilmente dimenticato in ambito progressive e fusion, la prima uscita solista del fenomenale batterista di King Crimson e Yes è invece un disco imperdibile, che sta da qualche parte tra Mahavishnu Orchestra, Hatfield and the North e National Health e rivela una classe e una fantasia davvero invidiabili. Non si deve pensare a un lavoro di puro esibizionismo batteristico: senza dubbio la tecnica c'è, così come quella degli altri strumentisti, ma è tutto fuorché sbattuta in faccia all'ascoltatore, che preferisce invece farsi trasportare dall'irrefrenabile groove e dalla seducente voce femminile che accompagna tracce come "Back to the Beginning". Questo è il più fusion dei dischi progressive rock e il più progressive rock dei dischi fusion che abbia ascoltato, ed è senza dubbio immancabile per chi volesse esplorare entrambi i generi.

Isao Tomita: Firebird Suite [RCA, 1975] 4/10
Isao Tomita: Tomita Planets [Atlantic, 1976] 6,5/10

7.6.06

Ah, l'ineluttabilità dell'esistenza

No, basta pippe mentali. I fatti sono altri: mi tocca studiare. Non credo di ricordarmi più come si fa. Ricordo che devo mettermi alla scrivania e aprire i libri, ma per il momento non sembra questo porti alcun tipo di conoscenza. Dalla regia mi dicono che vanno letti, ma io ogni tanto un'occhiata ce la do, eppure non cambia molto, anzi: sono sempre allo stesso punto.
Porca eva ma si potrà? Oh non ce la faccio proprio, qualcuno mi leghi alla scrivania con di fronte sto cavolo di Do Carmo, ma per favore lontano dal laptop o qualsiasi altro oggetto possa portare distrazione.

5.6.06

Ascolti della settimana (28 Maggio-4 Giugno)

Nessun woot ma ben tre wub!

della settimana:

Russian Circles: Enter [Flameshovel, 2006]
7,5/10
Dopo questo disco, nessuno potrà più sostenere che Pelican e Explosions in the Sky non siano che due facce della stessa medaglia. Come si chiama per me la medaglia, dovreste averlo capito, non starò a ripeterlo.
Un po' come quella dei Red Sparowes (formati da pezzi di Isis e Neurosis), anche la musica dei Russian Circles si pone nell'esatta intersezione tra post-rock emotivo (GYBE! e EITS i punti di riferimento) e post-metal di scuola Neurosis e Pelican. Due generi dai nomi completamente fuorvianti: il primo non ha nulla a che fare con Slint, Tortoise e compagnia bella, il secondo viene molto più dal post-hardcore che dal metal.
In ogni caso, questo disco meriterebbe di far parlare di sé: non solo fonde i suoni delle due scene, ma soprattutto le estetiche, già assai vicine di loro ma che ora finalmente si compenetrano la prima volta. Alcune successioni sono da migliorare, ma gli incastri sono stupefacenti e di rara complessità, i brani trascinanti, sospesi tra catarsi e momenti di abbagliante rivelazione, come il sole che fa capolino tra le nubi. Qualche pezzo mostra un po' troppo i fili scoperti del meccanismo, ma "Carpe", "Death Rides a Horse" e il bellissimo arpeggio di "You Already Did" sembrano preannunciare la venuta di un capolavoro.

Clogs: Lantern [Brassland, 2006]
7,5/10
Ma che bel disco che hanno sfornato questi Clogs. Delicato, sottile e malinconico. Architetture musicali complesse e leggere come una di quelle case nordiche in legno e vetro, luminossima e accogliente. Non so come etichettare la loro proposta: folk da camera? Boh, non sono canzoni, ma vere e proprie composizioni, costruite con una classe e un buon gusto davvero rari, con ogni strumento acustico al suo posto, mai stucchevole, sempre a tessere piccoli ma meravigliosi ricami. Senza dubbio una piacevole sorpresa da un disco da cui proprio non avevo idea di che aspettarmi. "5/4", "Death and the Maiden" e la commovente essenzialità della voce che affiora in "Lantern" faranno sì che ascolti e riascolti questo disco ancora tante di quelle volte...

Grails: Redlight [Neurot, 2004]
8/10
Sebbene facilmente inquadrabile in ambito post-rock, la musica dei Grails sfugge ai paragoni e agli ormai consolidati cliché dei sotto-generi. Alcuni tratti la avvicinano ai Godspeed You Black Emperor!, specie il forte elemento folk e il sound "svuotato", certe dissonanze rimandano invece ai Neurosis, ma l'approccio destrutturante ha qualcosa perfino dei Gastr del Sol. Su temi popolari elettrificati e ridotti all'osso trovano spazio ora un violino dilaniante, ora un sax. Pezzi non troppo lunghi, che riescono a risultare al contempo concisi e dilatati. Inutile tentare di riassumere così questo "Redlight", perché per una volta si ha a che fare con un lavoro estremamente personale, che dimostra come la galassia post-rock abbia ancora diversi rami da esplorare.

Altri ascolti:

Rosetta: The Galilean Satellites [Translation Loss, 2005] 7/10
Isis, Neurosis e blablabla sempre la stessa storia. Ormai gli epigoni non si contano più e tanto vale segnalare solo quelli che hanno qualcosa di loro da dire. La peculiarità di questo album è che, oltre ad essere ben suonato, parecchio post-rockeggiante e presentare svariati cambi di tempo e metri composti, rappresenta un curioso esperimento. E' un doppio, costituito da una prima facciata classicamente isisiana e una seconda più minimale, dilatata e basata su droni metallici d'atmosfera. Tuttavia, i due dischi sono studiati per essere riprodotti contemporaneamente, di modo che le tracce dell'uno e dell'altro vadano a sovrapporsi. Il risultato, specie dopo averli prima ascoltati separatamente, è piuttosto figo e fa vedere tutto il lavoro sotto un'altra luce.

King Crimson: Thrakattak [DPL, 1996] 4/10
Mi ci è voluto un bel po', ma alla fine ce l'ho fatta, l'ho trovato. Un disco dei King Crimson che non solo non mi convinca del tutto, ma non mi piaccia proprio. Questo "Thrakattak", registrato dal vivo nel corso di un tour della formazione a double trio, è spesso criticato perché rumoroso, caotico, dissonante. Io ho trovato che i rari momenti di bordello, assieme alle due riletture di "Thrak", fossero gli unici momenti interessanti del disco. Per il resto, solo stucchevoli atmosfere di synth (già il suono di synth prediletto dai Crimson negli ultimi dischi non mi piace troppo, ma questo è proprio il peggiore che abbia mai sentito) e noiose sovrapposizioni strumentali ambient-minimal inconcludenti. Più che il disco inascoltabile che temevo, un lavoro all'insegna della totale (e anche troppo ascoltabile) mediocrità.

Cult of Luna: Somewhere along the Highway [Earache, 2006] 5,5/10
Thom Yorke: The Eraser [XL Recordings, 2006] 7/10
Volcano: Beautiful Seizure [Leaf, 2006] 7/10 (R)
Mouth of the Architect: Time and Withering [Translation Loss, 2005] 6,5/10 (R)
Arcana: Arc of the Testimony [Axiom/Island, 1997] 6,5/10
Mr. Bungle: Disco Volante [Warner Bros., 1996] 7,5/10 (R)
King Crimson: Discipline Live at Moles Club, 1981 [Discipline Global Mobile, 1981] 5/10
Incubus: S.C.I.E.N.C.E. [Immortal/Epic, 1997] 7,5/10 (R)
Bauhaus: In the Flat Field [Reissue] [4AD, 1998] 7,5/10
Rage Against the Machine: [self-titled] [Epic, 1992] 8/10 (R)

1.6.06

Le pippe mentali (parte 1)

C'e' pieno di gente che le snobba, le considera una cosa negativa. Non mi riferisco alle paranoie personali-sociali, che in effetti sono assai fastidiose. No, intendo quelle belle e inutili riflessioni sulla natura del mondo, delle cose, delle idee. E' pazzesco come un sacco di gente che con queste cose ci lavora tutti i giorni (ma non lo facciamo tutti?) non si ponga alcuna domanda a proposito della loro essenza. Io credo che uno scienziato - in questo momento penso a un fisico o a un matematico - debba riflettere profondamente su quali siano gli ambiti e i limiti della propria indagine, su quali siano i suoi "poteri".
Io forse di seghe filosofiche me ne faccio anche troppe, arrivo addirittura pensare che siano loro lo scopo ultimo della scienza e trovo inconcepibile il non considerarle. Mi incazzo con gli scienziati, perché ignorano sistematicamente gli aspetti ontologici connessi al loro lavoro, e mi incazzo coi filosofi, perché non sapendo nulla di scienza di certo non sono in grado di spiegare come funziona e che cos'è.
Io so poco di scienza e meno ancora di filosofia, ma a darmi qualche risposta ci provo.

[Segue pippone]

"Esistere" è un verbo del tutto particolare. Lo riconosce perfino la matematica, che gli "dedica" uno dei simboli-base della logica: il quantificatore esistenziale. O meglio i quantificatori esistenziali, perché ogni teoria ha il suo (o i suoi) e a seconda del livello meta-analitico i quantificatori cambiano profondamente di significato.
Cosa vuol dire "esistere"? Siamo sicuri voglia dire una cosa sola? No di certo. Cartesio è universalmente noto come "quello del cogito ergo sum": grossa cagata, che peraltro per sua fortuna pare non abbia mai detto. Vuole partire da zero e costruire tutto quanto, e già utilizza due concetti primitivi: "pensare" e "esistere". Per il momento non voglio occuparmi del significato del primo, che in ogni caso ho idea sia meno spinoso del primo. Dedurre l'esistenza dal pensiero. A parte il fatto che, partendo realmente da zero, non si dovrebbero poter fare deduzioni, ma vabbé. Come si fa a dedurre una proprietà di cui non si conosce il significato da qualcosa d'altro? E' impossibile.

Per come la vedo io, la cosa va posta nei termini di "il mio pensiero esiste". Definizione di esistenza. "Esiste" qualcosa che "c'è" allo stesso modo del mio pensiero. Sì, lo so, "esserci" è sinonimo di esistere, mica per niente sarà pressochè impossibile dimostrare che qualcosa esiste. Anzi, per complicare le cose (in realtà per semplificarle), diciamo che il mio pensiero ha Livello di Esistenza 0.
C'è qualcos'altro con livello di esistenza 0? Avverto la presenza di oggetti esterni, di un "mondo esterno" su cui non ho il controllo. Nessuno mi assicura sia come io lo percepisco, ma quel che è sicuro è che non fa parte del mio pensiero razionale, altrimenti lo saprei. Dunque esiste un "esterno", di natura totalmente sconosciuta, che per quanto ne so potrebbe essere esattamente quello che vedo e sento, potrebbe essere una volontà indipendente da me, un "genio malefico", un oggetto solo che mi sembra molteplice, o addirittura qualcosa di simile al mio inconscio. Però qualcosa oltre al mio pensiero razionale c'è. Lo chiamo "Esterno", in contrapposizione all'"Interno", e gli attribuisco Livello di Esistenza 0.
Come faccio ad avvertirne la presenza? Dev'esserci un collegamento di qualche tipo, che può essere un ente a sé o fare parte di Interno o Esterno. In ogni caso, è una struttura con Livello di Esistenza 0, che chiamo Canale. Dell'Esterno ho un'immagine nell'Interno: quella che mi viene fornita dai sensi. La chiamo "Proiezione", che ha Livello di Esistenza 0. Come avviene questo? A un certo punto del Canale, o proprio dove questo tocca l'Interno (sempre che non ne faccia parte) ci sono le mie chiavi di interpretazione, gli schemi con cui elaboro le informazioni provenienti dall'Esterno e le traduco nella Proiezione. Sono i "Filtri", anch'essi con Livello di Esistenza 0.
E' necessario cercare di capire cosa siano questi Filtri, che sono la chiave per comprendere il rapporto tra la Proiezione e l'Esterno. Nella mia venerazione per Kant, non posso che seguirlo: i Filtri sono le dimensioni in cui situiamo gli oggetti, il nostro "range" percettivo. Spazio tridimensionale, tempo. Probabilmente anche le dimensioni sensoriali: suoni, colori, consistenze (non ne sono sicuro, però). Quello che è fondamentale è che questi sono concetti appartenenti all'Interno, ne costituiscono le basi e la struttura stessa. Nulla può garantirci che abbiano una controparte nell'Esterno: non riusciamo a immaginare alcunché se non nell'ottica dettata dai Filtri, ma che ne sappiamo di quale sia la struttura dell'Esterno?
Dicevo. Per ora lo schema dei flussi a Livello 0 è il seguente: Esterno -> Canale -> Filtri -> Proiezione. Con Canale, Filtri e Proiezione probabilmente inclusi da qualche parte (Proiezione e Filtri sicuramente nell'Interno). Non siamo ancora arrivati, però, al "mondo reale" in cui crediamo di vivere, fatto di alberi, case, sedie, persone. C'è infatti un ulteriore passaggio, di cui ci si rende conto quando si ha a che fare con un'illusione sensoriale, per esempio ottica. I sensi mi dicono una cosa, ma razionalmente o semplicemente dal disaccordo delle percezioni ricostruisco che la "realtà" è un'altra. Una delle funzioni dell'Interno è dunque quella di ricostruire un'ulteriore immagine mentale dell'Esterno, tramite altre chiavi di lettura, questa volta razionali e consapevoli. Chiamo questa seconda immagine "Realtà", anch'essa con Livello di Esistenza 0 (attenzione: considerando lei e i suoi oggetti come immagine mentale). Chiamo poi "Schemi Logici" le funzioni che l'Interno utilizza per costruirla: principio di causalità, congiunzione, negazione, implicazione, schemi deduttivi elementari e cose del genere che servono a costruire il mondo "domato" e forgiato a nostra immagine che chiamiamo Realtà.

Agli oggetti della Realtà considerata come mondo a sé attribuirò, per comodità, Livello di Esistenza 1. Agli oggetti del mondo ausiliario che ha come mattoni gli Schemi Logici, ovvero la Scienza, darò Livello di Esistenza 2. Almeno credo. Visto che, per il momento, la puntata finisce qui.
Edit: Mi rendo conto di non aver preso in considerazione un mucchio di cose. Non ho parlato di categorie astratte come "casa", "albero", "cane", per ora ho solo "quella Casa", "quell'Albero", "quel Cane". Non ho minimamente accennato a emozioni, sensazioni, esperienze, passioni e onestamente non ho la più pallida idea di come fare. Manca anche tutto l'aspetto inverso a quello considerato, ovvero come l'Interno possa influire sull'Esterno tramite la propria volontà (o anche no). Spero di riuscire pian piano a far quadrare sempre più cose.