MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


19.2.08

1976. Maad: s/t

Scoraggiato dalla difficoltà di trovare sul p2p album italiani anche piuttosto celebrati, ho deciso di darmi anch'io alla pubblicazione di link rapidshare. Non so ancora se sia il caso di aprire un blog specifico: per intanto sfrutterò questo spazio, alternando i post "col regalo" a quelli usuali.

I post saranno così strutturati: breve commento e link a un album al momento non reperibile via blog, da me caricato da qualche parte, poi qualche suggerimento di download da altri blog.

Inizio con un disco poco noto, che ho fatto molta fatica a reperire. Si tratta dell'album omonimo dei Maad, quintetto italo-americano di stanza a Milano, dedito a quel genere di contaminazioni jazz/rock dal retrogusto "etnico" e psichedelico che erano tanto in voga nei primi anni Settanta.
Se lo stile imperante prevedeva però un'attitudine molto "svaccata" e free-form, velleità avanguardistiche di vario genere e un discreto assortimento di freak/misticaggini, i Maad si distinguono per un approccio più composto e vicino agli stilemi fusion (quando non third stream, bebop o ragtime). Alcuni brani sono poi intrisi dell'inconfondibile retrogusto beat che caratterizza tanta musica italiana di allora e che a seconda dei casi può essere un punto di forza o di debolezza. Per i Maad è senza dubbio valida la prima: l'ingenuità tipica del beat italiano si stempera in una consapevole leggerezza, che rende ancora più piacevoli le jam di classe del quintetto.

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Bitrate: 160 kb/s

Maad: s/t
LP Wergo Germany 1976

Tracklist:
1. African Norge
2. Bouzouki
3. Giugno ‘75
4. A Milano E Dura
5. Zabaz

Crediti:
- Attlio Zanchi / chitarra
- Renato Rivolta / sassofono
- Pino De Vita / tastiere
- Joe Castanuela / batteria
- Jonathan Scully / percussioni, vibrafono
- David Searcy / percussioni

Qualche altro consiglio:
Mauro Pelosi - Al mercato degli uomini piccoli, 1973 (cantautorato progressive)
Scisma - Armstrong, 1999 (post-rock, alt-rock)

14.2.08

Pessimo, pessimismo e conservatorismo (in fieri)

Il recente scritto "Pessimismo e pessimità" dell'Oannes pone alla nostra attenzione una questione che ci pare interessante, circa l'auspicabilità di una letteratura scientemente "pessima" che egli denomina: "pessimismo".
Non siamo nuovi a quest'uso del termine, che sembra avere poco a che fare col suo significato canonico (torneremo in seguito sulla questione); né a una simile proposta. Entrambe nascono infatti dalla comune riflessione su un'esperienza: la scrittura di "Pittime di guerra", caricatura polichirale della fan-fiction "Vittime di guerra".
Vuole questa risposta segnare un ulteriore avanzamento in quello che può ormai definirsi l'equivalente contemporaneissimo del tanto celebre "dibattito sul post-moderno" di qualche decennio addietro. Procederemo, sul modello dell'Oannes e di una tradizione con cui non cerchiamo una rottura ad ogni costo, per punti.

1. De mediocritate
L'Oannes individua come questione centrale, e in questo siamo concordi, il problema della distanza percepita o in altre parole della mimesis. L'obiettivo primo e più immediato del pessimismo è la produzione consapevole di mediocrità: ma quanto questa consapevolezza deve risultare percepibile? L'assunto è la consapevole mediocrità, il problema la commutatività dei termini della locuzione: deve ciò significare (e a che livello?) mediocrità consapevole?

Siamo dell'opinione che una linea univoca e condivisa a riguardo della questione, che propenda categoricamente per il o per il no sia non solo di difficile, ma altresì deleteria. Il movimento pessimista che si va auspicando avrebbe infatti la sua forza - e conseguentemente la sua efficacia - e nella pluralitas offerta dal pessimo immanente alla tanto vituperata cultura di massa, e nella pluralitas per sua essenza imminente (in quanto da farsi) del pessimo che sarà prodotto, ovvero degli orientamenti di coloro che lo produrranno: i pessimisti.

Per quanto riguarda l'opzione che ci è più incline, riterremo almeno in una prima fase di dedicarci a una mediocrità consapevole: perché non si riduca il pessimismo sul nascere a un altezzoso dileggio per adepti, perché scopo del ludus pessimista è non già la negazione della comunicazione, l'opposizione radicale al mediatico e alla cultura che ne è espressione, quanto piuttosto l'esposizione a pubblico ludibrio dei meccanismi che ne rigano la superficie e ne riflettono le strutture profonde (a loro volta di esse riflesso, in una rete Peirceano/Heideggeriana di continui tradimenti di senso).

10.2.08

E scrivo qualcosa che se no resta di nuovo tutto bloccato per mesi

Non leggete Roland Barthes.
Sorta di Pomo D'Adamo™ (il frutto, dico) de noantri, apre gli occhi ma incasina ulteriormente il mondo.
E poi dico: scrivere a questo modo: con tre/quattro "due punti" a frase, è a mio avviso esecrabile: il Buon Dio™ ci ha fatto dono del punto fermo, usiamolo: è una delle poche risorse rinnovabili il cui sfruttamento non comporta problemi di sorta.