MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


26.11.06

Ascolti (11-25 novembre)

Questa settimana:

The Byrds: Mr. Tambourine Man (1965) 6,5
The Byrds: Turn! Turn! Turn! (1965) 7
The Byrds: Fifth Dimension (1966) 7
The Byrds: Younger than Yesterday (1967) 7,5 (R)
The Byrds: The Very Best of [Columbia] (1997) 7
Grande band i Byrds. Un suono unico, inaudito, che lascerà un segno profondissimo nella storia del rock. E tutto nasce da una chitarra a 12 corde lasciata sferragliare sugli acuti. Pochi accordi aperti, armonie vocali a dare un che' di etereo e inconfondibile alle solidissime melodie (loro o di altri) e il basso sempre presente, perno affatto invadente su cui si regge l'intera magia. Solarita' e malinconia si toccano qui cosi' intensamente per la prima volta.
Purtroppo non riesco a trovare un disco che mi convinca appieno. Vado a brani: i miei preferiti sono quasi tutti inclusi nel "Best of", che pero' comprende anche il country di "Sweetheart of the Rodeo", da cui vedro' di stare alla larga. Non tutte le melodie mi prendono allo stesso modo insomma, alcune mi travolgono mentre altre mi scivolano via senza lasciar traccia. Quel che e' certo e' che la chitarra impazzita di "Eight Miles High" e la tromba stellare di "So You Want to Be a Rock'n'Roll Star" sono due vertici della storia della musica, cosi' come l'assolo di "My Back Pages", semplicissimo eppure cosi' perfetto.

Quicksilver Messenger Service: omonimo (1968) 7
Jefferson Airplane: After Bathing at Baxter's (1967) 8

Contortions: Buy (1979) 7
La chitarra di questo disco e' qualcosa di orgasmico. Non so se questa sia la prima apparizione di uno stile del genere, e senza dubbio non e' l'ultima visto che ormai gli accordini sgrattuggiati iper-funkeggianti li usa anche il gruppo del figlio della famosa casalinga di Voghera (PV). Pero' voglio vedere se sono cosi' ben impiegati, cosi' esaltanti quanto su questo disco. Al mito della no-wave anti-tecnica non dovrebbe crederci piu' nessuno: sfido chiunque non abbia mai preso in mano una chitarra a menare fendenti del genere con una simile frenesia e precisione.
Il resto dell'alchimia e' quello che, col senno di poi, e' facile aspettarsi: batteria bella sincopata, basso saltellante, cantato da ricovero immediato in manicomio. E poi il sax schizzatissimo di Chance, altro valida ragione a favore dell'internamento immediato.
Insomma, bellissimo no? Boh, probabilmente sono di legno io: il groove suggerito da ogni singolo elemento si arresta al piede. Non riesce a risalire. Tenere il tempo e' inevitabile, ma dopo aver sentito i quattro pezzi infuocati di "No New York" mi aspettavo di piu'.

NoMeansNo: 0+2=1 (1991) 6,5
Iceburn: Hephaestus (1993) 6,5

New Order: Substance (1987) 9 (R)
New Order: Technique (1989) 8 (R)
E così a quanto pare si è appena concluso l'atto finale. E io non c'ero, e io non li ho mai visti dal vivo. Se c'era un gruppo di cui desideravo assolutamente vedere un concerto erano proprio i New Order. Lo so, non e' morto nessuno, ma la sensazione e' quella. E allora non ho potuto fare altro che ributtarmi in quelli che sono i loro dischi che preferisco. Gli scambi malinconici tra la chitarra sgraziata e il basso di "Ceremony", la pulsazione indimenticabile di "Blue Monday", salvagente di ogni mix, il singhiozzo di "Perfect Kiss" affogato in un oceano di synth, l'intro da capogiro di "Bizarre Love Triangle", il giro di basso di "True Faith", ma dovrei citare ogni singolo pezzo del primo cd del miglior "best of" di sempre. Cosa ricordare poi in due righe di "Technique", a parte i (fantastici) suoni pacchianissimi? Gli accordi scanzonati di "All the Way", il tema fenomenale di Peter Hook che si sposa con le Roland in "Round & Round", i colpi d'orchestra sintetizzati di "Mr. Disco". E alcune delle melodie piu' belle che conosca.

Fairmont: Gazebo/Gazelle [12"] (2005) 7,5
Grazie a Bebo di Ondarock. Non sono ancora arrivato alla fine del suo DJ Set, perche' ogni volta che finisce "Gazebo" sento il bisogno di tornare all'inizio. Al di la' dei temi, dei beat, delle progressive modulazioni... quanto sono belli questi suoni? Mi ricordano i Port-Royal, che peraltro non c'entrano assolutamente nulla. Non vi capita mai di associare alla musica dei colori? Questo disco e' blu.

My Latest Novel: Wolves (2006) 8,5 (R)
Ecco, lo riascoltavo l'altro giorno prima di andare a dormire. Ho ritardato il momento dello spegnimento della luce solo per arrivare in fondo. Il mio disco dell'anno, senza dubbio. Almeno finche' questo stramaledetto "Love" non si e' intrufolato nel mio hard disk (e immediatamente dopo nel mio stereo, previo acquisto dell'originale) a darmi conferma del mio imbarazzante passatismo. Il voto qui sotto non stupisca: mi piace quanto i miei preferitissimi dei Beatles, dunque il numeretto e' lo stesso. Nessuna pretesa di oggettivita', ovviamente.
E insomma i My Latest Novel. Blah, blah, sono come gli Arcade Fire (ma dove?), di questi pot-pourri post-rock/post-folk/post-post non se ne puo' piu'... Ne ho lette tante di critiche a questo disco, ma io vorrei tanto trovarlo un altro con dei pezzi che mi coinvolgano allo stesso modo di "Ghost in the Gutter", "Sister Sneaker Sister Soul", "Learning Lego". Dolce, quasi sussurrato ma a modo suo epico, sincerissimo, limpido e malinconico... Uno di quegli album di cui le parole non potranno mai suggerire la bellezza. Paaaa papparappa'...

The Beatles: Love (2006) 10
The Beatles: Revolver (1966) 9 (R)
The Beatles: Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band (1967) 10 (R)
The Beatles: Magical Mystery Tour (1967) 10 (R)

E la precedente:

The Velvet Underground & Nico: omonimo (1967) 7,5/10 kilometrico commento

Altered States: Lithuania and Estonia Live featuring Otomo Yoshihide (1994) 9/10 commento
Ground Zero: Null and Void (1995) 7/10 (R)
Ground Zero: Revolutionary Pekinese Opera Ver 1.28 (1996) 8/10 (R)

VV. AA.: No New York (1978) 7,5/10 (R)
Riascoltandolo dopo anni scopro che quello che non mi sembrava manco musica oggi mi suona come ordinaria amministrazione. Gran disco comunque, un po' disomogeneo ma essendo quattro gruppi diversi e' ovvio avere le proprie preferenze. Folgorazione in particolare per James Chance and The Contorsions. I Teenage Jesus and the Jerks mi fanno cagare.

Love: Da Capo (1967) 7/10
Love: Forever Changes (1967) 10/10 (R)
Spirit: omonimo (1968) 7/10
Spirit: The Family That Plays Together (1968) 8/10 (R)
It's a Beautiful Day: omonimo (1969) 6,5/10

Affinity: omonimo (1970) 7,5/10 (R)
Chissa' perche', ma le mie due cover preferite sono entrambe di "All Along the Watchtower". Quella degli XTC, e questa degli Affinity. Also known as "la West Coast sbarca in Inghilterra", disco da ricordare.

Giles, Giles & Fripp: The Cheerful Insanity of (1968) 4,5/10
Giles, Giles & Fripp: The Brondesbury Tapes (2001) 7,5/10 commento

The Pentangle: Basket of Light (1969) 9/10 (R)
The Pentangle: Cruel Sister (1970) 7/10 (R)
The Pentangle: Reflection (1971) 6,5/10 (R)
Steeleye Span: Parcel of Rogues (1973) 5,5/10

John Martyn: Solid Air (1973) 8/10 commento

Baka Beyond: Spirit of the Forest (1993) 8/10 commento

The Rough Guide to the Music of Wales (2000)
The Rough Guide to Scottish Folk (2000)
The Rough Guide to Irish Folk (1999)
Queste tre guide sono senza dubbio piacevoli, ma cosi', senza ne' booklet ne' niente (ah, i difetti del p2p) sono poco utili. L'intento e' quello di fornire uno spaccato il piu' possibile ampio della musica tradizionale dei rispettivi paesi, occupandosi dunque sia di chi cerca di riprodurre uno stile cosi' com'era cent'anni fa che di chi prova a sposarlo con le nuove mode e le nuove tecnologie. E soprattutto tanti brani che stanno nel mezzo o forse potrebbero starci, perche' vai a sapere chi e' piu' o meno fedele al suono "vintage", senza avere i mezzi per distinguere. Mi ero prefisso l'obiettivo di comprendere quali fossero i suoni e le strutture alla base delle varie musiche "celtiche", ma questi tre dischi hanno solo aumentato la mia confusione.

Le cose e le persone

Le mura di Icazia furono costruite per paura che Astra costruisse le sue.

I'm never defeated

Parto da un titolo. Qualche giorno fa, uscendo dalla stazione di Pavia mi è venuto in mente questo verso, ma non ricordavo da che canzone fosse tratto. Alcune ore dopo - non ci pensavo più ovviamente - è saltato fuori anche tutto il resto, e a quel punto era facile riconoscere "Daybreaker" di Beth Orton.
E adesso, appena rincasato, eccomi ad ascoltarne lo strepitoso remix di Four Tet. Ho letto il testo, e non è che l'abbia capito bene, ma non sembra accennare a quell'ambigua sensazione di piacevole e snervante malinconia da giornate di pioggia che sembrano fatte per stare in casa, a leggere e riflettere sul tempo andato e il tempo perso, avvolti da un tepore ovattato.

Non sono ancora riuscito a capire se davvero ci provo gusto a piangermi addosso. Probabilmente sì. Forse non ho ancora capito chi sono e mi rimprovero di non essere quello che non sono. O forse ancora sarei esattamente quello che non riesco ad essere, perché più che non riuscire ad esserlo non ci tento nemmeno. Ma scrivere queste cose è inutile, perché sono fatti che conosco bene e altrettanto bene so che continuare a rammentarseli non sposta di una virgola il nodo della situazione.

Mesi fa scrivevo che in questi ultimi anni non era cambiato niente nella mia vita, ma era una solenne cazzata. Il fatto che in due anni, che di questo passo diventeranno tre, non abbia fatto nulla, è un cambiamento enorme. Ho sempre vissuto pieno di impegni e di progetti, e ora non ho più niente di questo. E questo ha stravolto radicalmente il mio modo di vedere me stesso, le cose e le persone. Non uno di quei cambiamenti che avvengono di botto, perché anche se rapido (è stata questione di un paio di mesi!) si è coperto di un sacco di altre questioni che sembravano molto più importanti, e hanno finito per mascherare un tonfo con la calma piatta.
Ho bisogno di fare cose, di pensare in grande e di impiegare le mie potenzialità. Che forse non saranno eccezionali - o almeno è questo di cui sono convinto - ma ci sono, e tenerle sedate senza alcun motivo è da stupido oltre che logorante. Mi autoconvinco di desiderare la condivisione e il confronto, ma forse sono le cose che più temo visto che non le cerco, e quando si presentano mi tiro indietro. Perché? Non era così, qualche anno fa. Com'è successo che sono affogato nella disillusione? E' passata da punto di forza a estrema debolezza, di quelle che ti incatenano e non ti lasciano più far nulla. Quand'e' che la mia ingenua alterigia, mascherata da umiltà, è diventata totale diffidenza e invenzione di distanze inesistenti?

Mi sento intrappolato, e la cosa peggiore è che so che la trappola sono io. Quanto dovrò distruggere di me stesso per liberarmi?

12.11.06

xxx gnard dnu mruts ééé ...

Basta, non c'è più niente che funzioni, a questo mondo. Neanche l'orologio da parete in camera mia, saran due anni che è fermo sulle dieci meno dieci.
E non ho ancora capito se di sera o di mattina.

11.11.06

Ascolti (28 ottobre-10 novembre)

Indigestione di folk inglese in queste due settimane. E' un po' che sono alla ricerca di "strade alternative" al blues nel rock che però non si spingano fino al noise o all'atonalità, e nel folk-rock britannico a cavallo tra gli anni 60 e gli anni 70 ho trovato un bel po' di roba stuzzicante. Si va da dischi essenzialmente cantautorali (Tir Na Nòg, Nick Drake, Richard & Linda Thompson) a riletture elettriche di pezzi tradizionali (i Fairport Convention da "Liege & Lief", i Pentangle da "Cruel Sister"), passando per dischi sostanzialmente progressive (Trees, Forest, Mellow Candle) e ensamble acustici che cercano di creare il suono tradizionale magari velocizzandolo un po' e dandoci dentro coi virtuosismi (Planxty, Dervish - ma questi sono recenti). E poi alcuni dischi assolutamente unici, personalissimi: "Basket of Light" dei Pentangle, a occhio e croce il capolavoro dei capolavori del settore, i Jan Dukes de Grey, gli Spirogyra, gli Espers...
Quando mi sarò ripreso dalla scorpacciata - e avrò sentito ancora altro nel frattempo - farò un bel post ricapitolativo della scena, se non altro per fare ordine.

Faust: omonimo
(1971) 7,5/10 (R)
Faust: So Far (1972) 6,5/10 (R)
Faust: IV (1974) 7,5/10 (R)
Van Der Graaf Generator: Still Life (1976) 8/10 (R)
Van Der Graaf: Vital (1978) 7/10 (R)
Kevin Ayers: Joy of a Toy (1969) 8/10 (R)
East of Eden: Mercator Projected (1969) 7,5/10 (R)
East of Eden: Snafu (1970) 6,5/10
High Tide: Sea Shanties (1969) 6,5/10 (R)
Rozzo, approssimativo e per niente lucido. Senza dubbio estremo, con alcuni riff eccezionali e atmosfere avanti anni, ma alcune geniali intuizioni non bastano a rendere i pezzi solidi, e l'album un lavoro a fuoco.

Martin Carthy: omonimo (1965) 6,5/10
Tir Na Nòg: omonimo (1971) 7,5/10
Nick Drake: Pink Moon (1972) 7,5/10 (R)
Richard & Linda Thompson: I Want to See the Bright Lights Tonight (1974) 6,5/10 (R)
Jan Dukes de Grey: Sorcerers (1970) 6,5/10

Jan Dukes de Grey: Mice and Rats in the Loft (1971) 7,5/10
Si potrebbe descrivere questo disco come il "White Light/White Heat" del progressive rock. Registrato caninamente, avanti decenni, espressionista, senza dubbio uno dei dischi piu' originali dell'intero panorama progressivo. Non avevo mai sentito un'acustica a dodici corde stuprata in questa maniera: rumore d'attacco che sovrasta il resto del suono, clangore, grattuggiate e armonici. Tra indie, new wave e no wave. Che se ne fa un gruppo cosi' di una chitarra elettrica? Batteria ora tribale, ora minimale o jazzata, costantemente fuori tempo, un po' alla Anton Fier (e non e' l'unica somiglianza col primo Feelies). Una miriade di altri strumenti che si inseriscono qua e la', tutti suonati in maniera molto dilettantesca: flauto, sax, armonica, xilofono... Voce spezzata, epica e sentitissima, drammatica. Praticamente un disco lo-fi con le strutture del progressive e poca, pochissima tecnica. Tre lunghe suite, tutte quante un po' prolisse e prive di autentici picchi, ma assolutamente stupefacenti per atmosfere (certi segmenti potrebbero essere su un disco dei Neurosis), idee e suono.

Fairport Convention: Unhalfbricking (1969) 7/10 (R)
Fairport Convention: Liege & Lief (1969) 8/10
Fairport Convention: Full House (1970) 5,5/10
The Pentangle: Sweet Child (1968) 7,5/10 (R)
The Pentangle: Basket of Light (1969) 9/10 (R)
The Pentangle: Cruel Sister (1970) 7/10
The Pentangle: Reflection (1971) 6,5/10
Forest: Full Circle (1970) 6,5/10
Spirogyra: St. Radigundus (1970) 8/10 (R)
Lindisfarne: Nicely out of Tune (1970) 7/10 (R)
Lindisfarne: Fog on the Thyne (1971) 6,5/10
Mellow Candle: Swaddling Songs (1972) 6,5/10
Trees: On the Shore (1970) 7,5/10

Espers: II (2006) 7,5/10
Folk progressivo dalle tinte notturne, magiche. Musica fuori dal tempo, che si rifa' ai vari Comus, Trees ma avvalendosi delle tecnologie e delle tecniche di registrazione di oggi, risultando ancora più crepuscolare e etereo. Incantevole la voce femminile, ottimi intrecci strumentali, con un violino che spesso fa l'eco alla viola di Cale, organo, theremin e una chitarra elettrica misurata a rifinire l'acquerello col suo fuzz. I pezzi non sono melodicamente eccezionali, il disco gioca più sulle atmosfere evocative, sui suoni e sulla ripetizione. Un pizzico di orecchiabilità in più e ci scappa il capolavoro.

Alan Stivell: Renaissance de l'Harpe Celtique (1971) 6,5/10
Alan Stivell: A' l'Olympia [live] (1972) 7,5/10
Horslips: The Book of Invasions - A Celtic Symphony (1977) 5,5/10 (R)
Può esistere qualcosa di più tamarro degli Emerson, Lake & Palmer che suonano pezzi tradizionali irlandesi? Fortunatamente non tutto il disco segue questo schema, e i pezzi meno pomposi e più leggeri sono anche piuttosto carini.
Planxty: omonimo (1973) 7/10
Dervish: Midsummers' Night (1999) 7/10 (R)

Linkin Park: Hybrid Theory (2000) 7/10
The Beach Boys: Pet Sounds (1966) 6,5/10 (R)
Joanna Newsom: YS (2006) 7/10
XTC: Drums and Wires (1979) 8/10
Bloc Party: Silent Alarm (2005) 8/10 (R)
Ok Go: Oh No (2005) 5/10

The Appleseed Cast: Peregrine (2006) 7,5/10 (R)
Questi ormai di emo hanno gran poco, e sono ampiamente lanciati nei territori degli Explosions in the Sky, restando però legati alla forma-canzone e alle forti melodie e al drammatismo del loro genere di provenienza. Pezzi molto convincenti, ricchi di inserti elettronici che ampliano ma gamma sonora che ci si potrebbe aspettare da un disco del genere. Molto pop, belle canzoni e un ottimo flusso globale, con parecchie "aperture" più ottimiste. Il futuro probabilmente passa di qui.

I Would Set Myself on Fire For You: Believes in Patterns (2006) 7/10
Un buon disco screamo, sulla scia dei Circle Takes the Square o dei seminali City of Caterpillar. Hardcore tecnico, scream disperato e post-rock, insomma, e questa volta ancora più virato verso il post-rock emotivo che nei due gruppi citati sopra. Sono le parti strumentali a farla da padrone, col violino che assume un ruolo sempre centralissimo, evocando paesaggi con l'aiuto di una moltitudine di effetti elettronici, rumorini, frammenti radio e perfino ottoni. Insomma, questi devono esserci rimasti sotto coi Godspeed You Black Emperor!. Il disco è senza dubbio catartico e evocativo, anche se non arriva ai picchi di intensità dei capolavori del genere. Sul piano evolutivo, però, segna un ulteriore passo nell'estensione dei confini dello screamo e della conquista del mondo da parte del post-rock emotivo, ormai onnipresente.

9.11.06

Canzone per l'Estate

Dovrei scrivere di Lucca. Dovrei postare la playlist della settimana scorsa, o di questa. Però mi va di postare il testo di questa canzone di De André, che oggi sto ascoltando a ripetizione. Non ci fossero gli archi, sarebbe perfetta.

Con tua moglie che lavava i piatti in cucina e non capiva
con tua figlia che provava il suo vestito nuovo e sorrideva
con la radio che ronzava
per il mondo cose strane
e il respiro del tuo cane che dormiva.

Coi tuoi santi sempre pronti a benedire i tuoi sforzi per il pane
con il tuo bambino biondo a cui hai dato una pistola per Natale
che sembra vera,
con il letto in cui tua moglie
non ti ha mai saputo dare
e gli occhiali che tra un po' dovrai cambiare.

Com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare

Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente
la tua coda di ricambio
le tue nuvole in affitto
le tue rondini di guardia sopra il tetto.

Con il tuo francescanesimo a puntate e la tua dolce consistenza
col tuo ossigeno purgato e le tue onde regolate in una stanza
col permesso di trasmettere
e il divieto di parlare
e ogni giorno un altro giorno da contare.

Com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare

Con i tuoi entusiasmi lenti precisati da ricordi stagionali
e una bella addormentata che si sveglia a tutto quel che le regali
con il tuo collezionismo
di parole complicate
la tua ultima canzone per l'estate.

Con le tue mani di carta per avvolgere altre mani normali
Con l'idiota in giardino ad isolare le tue rose migliori
col tuo freddo di montagna
e il divieto di sudare
e più niente per poterti vergognare.

Com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare
com'è che non riesci più a volare