MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


28.5.10

I generi

Che la musica sia una e universale è ben discutibile. La musica nasce dal proprio contesto e da sensibilità ben mirate: se uno è totalmente al di fuori da quel contesto non avrà evidentemente i mezzi per capirla. Il che non significa che non possa accettare la sfida, ma difficilmente la vincerà con la mentalità del "la musica una".
Difficile apprezzare Bacharach se si pretende che regali le stesse emozioni dei Neurosis. Come dice DJ Sprinkles "la house non è universale, la house è iper-specifica", e non solo non potrebbe avere più ragione, ma vale anche per tutte le altre musiche. Se quindi si pretende di appiattirle tutte su un'unica linea a mio avviso si scalfirà solo la superficie.


Gozer il Gozeriano - Ondarock Forum


Partirei da qui. Negando l'universalità della musica, si apre un vaso di Pandora.
Esiste un legame profondo tra musica e contesto, e spesso entrare in sintonia coel secondo è fondamentale per far propria la prima. Non parlo solo di approfondimento storico/biografico, ma soprattutto di comprensione e condivisione di quel sistema di valori, sogni e timori che con certa musica è legato a doppio filo. Perchè era incarnato dalla figura dell'autore, magari, ma anche e soprattutto perché quei sentimenti "risuonavano" con gli umori di un'epoca e i bisogni di un gruppo sociale più o meno identificato.

La storia della musica è una storia di rapporti privati: l'autore e la sua creatura, l'ascoltatore e i sentimenti che lega a una canzone, un disco o un personaggio. Ma è anche una storia di rapporti collettivi, di valori condivisi e sottoculture che alle semplici note hanno dato un senso e un'anima, che le hanno rese simboli e spesso hanno contribuito a generarne di nuove. Lo stesso rapporto privato dell'ascoltatore con la musica passa inevitabilmente da questa dimensione più grande.
Questo magma di suoni, simboli, luoghi, valori, nasce e si sviluppa come un sistema, man mano sempre più definito. Si articola in un genere, probabilmente l'oggetto più complesso di tutto l'universo pop, assieme alla canzone.
In un genere convergono l'elemento soggettivo e quello sociale, l'aspetto tecnico-musicale e quello di immagine: una rete in cui i livelli piu' diversi intessono rapporti di rinforzamento reciproco o parziale contraddizione.

Può sembrare anacronistico pensare che, anche nell'era della morte del rock come fenomeno sociale, "generi" intesi a questo modo possano continuare a svolgere un ruolo cruciale. Eppure anche oggi avviene di scoprire la musica "a fette", appassionandosi ai diversi generi uno per volta, o magari restando per sempre orgogliosamente confinati all'interno di alcuni.
Internet ha sì mutato le cose, perché ha sciolto il vincolo temporale e geografico tra musica e ascoltatore. Nel farlo, però, ha dimostrato anche quanto forti e efficienti fossero le codifiche dei generi, capaci di risuonare in modo quasi immutato coi sentimenti di persone che ben poco hanno a che fare con l'orizzonte originario di quella musica.
Per non parlare delle mille sottoculture internettiane e delle micro/macro-oasi in cui determinate preferenze tendono a diffondersi: dai forum a rym, dai social network alle reti p2p. Fino ad arrivare a quelli che sono a tutti gli effetti nuovi "popoli" della musica, con tanto di "generi" a cui possono essere associati: Pitchfork e la "roba da hipster" ne sono l'esempio piu' lampante.

Il fenomeno più rilevante emerso con internet, però, è quello della lettura deviante. Qualcosa di cui già parlavano i post-strutturalisti a fine 60, che oggi si è dimostrata fatto assolutamente quotidiano: la possibilita' di apprezzare qualcosa per motivi totalmente diversi da quelli che le sarebbero originariamente associati. Amare certa musica tramite meccanismi del tutto indipendenti da quelli che la codifica di genere le proietterebbe sopra.
Difficile immaginare la cosa per generi interi; già per singoli artisti il fenomeno è raro: ciascuno però avrà pezzi e dischi che ama alla follia pur non apprezzando il resto delle cose usualmente considerate "simili" (perché dello stesso autore, perché dello stesso genere ecc). Di certo la cosa non è nata con internet, ma il fenomeno ne è stato amplificato, complice la possibilità di avvicinarsi a musica lontanissima dalla propria esperienza quotidiana ignorandone tutto sommato qualsiasi cosa riguardo al contesto.

Tutto può dirsi insomma, meno che i generi non esistano o non abbiano peso. Chi ne nega la centralità nell'orientare gli ascolti, afferma per via implicita l'ideologia della "lettura deviante", in cui poco importa di entrare in sintonia con i diversi universi "di genere", i loro valori e le loro categorie estetiche - quello che conta sono le sensazioni che l'ascoltatore prova ascoltando la musica in un rapporto idealmente non mediato da altre strutture, per quanto pertinenti queste possano essere.
Siccome però la musica è fatta di codici e senza uno "schema interpretativo" la musica non comunica, il rischio di questa ottica è quello di "prendere a prestito" senza volerlo le chiavi di lettura proprie di altri generi tentando vanamente di applicarli a territori che non sono consoni. Il risultato è non riuscire ad apprezzare una grandissima parte della roba che si ascolta, pur ritenendo comunque di procedere nel modo piu' "aperto" possibile.

Al di là di questo, mi stupisco di come di generi si tenda a parlare poco, specie a livello di critica. I riferimenti en passant in recensioni e articoli non si contano, come è tantissima la letteratura che cerca di parlare dei principali risultati musicali di un genere o dell'altro: nonostante questo, i tentativi di analizzare un genere in tutti i suoi risvolti, comprendendone e decodificandone l'architettura dei valori, sono veramente pochi.
Maestro indiscusso in questa rara arte è il solito Simon Reynolds, che piu' ancora che nell'ultracitato articolo sul post-rock, ha scritto pagine epocali sull'"ideologia" indie-pop e sul "funzionamento" della musica elettronica di stampo jungle (entrambi riportati su "Bring the Noise").



A questo proposito, il poco che son riuscito a beccare in rete in italiano:

L’indie-pop tende a dipingere l’amore in termini di devozione e idealizzazione, praticamente privo di allusioni sessuali. L’esperienza dell’innamoramento viene descritta in termini onirici, extracorporei. All’indie pop interessano i dettagli del corteggiamento, delle atmosfere evocate. Sofferto e problematico, l’amore indie-pop è un amore adolescenziale. Un tempo il rock si nutriva dell’ostentazione del corpo e del desiderio,rivelando la cruda verità dei sensi. E’ interessante dunque notare come il ” puro amore ” sia diventato più trasgressivo del libertinismo o della sfrontatezza sessuale alla Mick Jagger.

[...]

Un’idea di innocenza infantile pervade la scena indie. Si predilige l’ingenuità, l’entusiasmo ed il disordine tipici della fanciullezza. Si percepisce un atteggiamento condiviso di rimpianto, la voglia di stabilire un legame magico e candido con il mondo. Si tratta di una concezione romantica dell’infanzia, abbracciabile solo da una mente letteraria (ovvero il tipico fan indie). In realtà i bambini di oggi vogliono crescere in fretta e assomigliare a Simon le Bon o Madonna. L’infanzia ha riacquistato importanza perchè offre un immaginario ricco di potenziale dissidente. Laddove la ribellione rock si basava sulla verità censurata del desiderio adolescenziale,questa forma di indisciplina non è solo consentita ma prescritta come modello. Gli anni sessanta spadroneggiano nello schema indie perchè sono gli ultimi nei quali le idee di infanzia e di innocenza perduta erano monete corrente. Gli hippy, i situazionisti, ma pure la psicanalisi pone nel gioco la componente cruciale per la rivoluzione culturale. La musica ( pensiamo ai Pink Floyd ) rifletteva questa convinzione secondo la quale crescere è un percorso di brutalizazzione. Non di rado sembra che l’indie tipo si sforzi di assomiglaire ad una persona qualunque degli anni sessanta o cinquanta. Ecco dunque le tracce di abbigliamento pre-permissivismo: cardigan, soprabiti, eskimo, giacche corte, foulard, berretti e zazzere corte che probabilmente appaiono peculiari a quanti un tempo dovevano adottare quel look e oggi si godono il diritto di esibire una lunga chioma cotonata. Mescolati a questi elementi, troviamo i tratti infantili: Magliette da compleanno, felpe fuori misura, fiocchi e nastrini, colori vicaci, orecchie bene in vista. Persistono sporadici elementi punk o psicadelici ma l’effetto complessivo è infantile, perchè l’infanzia è l’unico momento della vita in cui i colori vivaci sono appropriati. Nel tentativo di non vestirsi come si pensa debbano vestirsi le donne per essere sexy, alcune ragazze sono incappate in uno stile ricco di connotazioni pedofile. La scena indie si sforza di proteggere l’innocenza dall’impatto di una cultura sofisticata. Ecco perchè attinge quasi esclusivamente da modelli bianchi; L’etica fai da te non attechisce nella musica nera, dove prevalgono raffinatezza e professionalità ( almeno fino all’avvento del rap ). Un tempo il rock ribelle poteva nutrirsi dell’animalismo proibito dell’ R&b, ma oggi quell’energia sessuale è solo un altro ingranaggio dell’immensa macchina del music buisness. Il conflitto tra desiderio e materialismo illustrato da Satisfaction degli Stones, non è più all’ordine del giorno. 

 
Simon Reynolds - Hip-hop-rock

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