MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


26.11.06

I'm never defeated

Parto da un titolo. Qualche giorno fa, uscendo dalla stazione di Pavia mi è venuto in mente questo verso, ma non ricordavo da che canzone fosse tratto. Alcune ore dopo - non ci pensavo più ovviamente - è saltato fuori anche tutto il resto, e a quel punto era facile riconoscere "Daybreaker" di Beth Orton.
E adesso, appena rincasato, eccomi ad ascoltarne lo strepitoso remix di Four Tet. Ho letto il testo, e non è che l'abbia capito bene, ma non sembra accennare a quell'ambigua sensazione di piacevole e snervante malinconia da giornate di pioggia che sembrano fatte per stare in casa, a leggere e riflettere sul tempo andato e il tempo perso, avvolti da un tepore ovattato.

Non sono ancora riuscito a capire se davvero ci provo gusto a piangermi addosso. Probabilmente sì. Forse non ho ancora capito chi sono e mi rimprovero di non essere quello che non sono. O forse ancora sarei esattamente quello che non riesco ad essere, perché più che non riuscire ad esserlo non ci tento nemmeno. Ma scrivere queste cose è inutile, perché sono fatti che conosco bene e altrettanto bene so che continuare a rammentarseli non sposta di una virgola il nodo della situazione.

Mesi fa scrivevo che in questi ultimi anni non era cambiato niente nella mia vita, ma era una solenne cazzata. Il fatto che in due anni, che di questo passo diventeranno tre, non abbia fatto nulla, è un cambiamento enorme. Ho sempre vissuto pieno di impegni e di progetti, e ora non ho più niente di questo. E questo ha stravolto radicalmente il mio modo di vedere me stesso, le cose e le persone. Non uno di quei cambiamenti che avvengono di botto, perché anche se rapido (è stata questione di un paio di mesi!) si è coperto di un sacco di altre questioni che sembravano molto più importanti, e hanno finito per mascherare un tonfo con la calma piatta.
Ho bisogno di fare cose, di pensare in grande e di impiegare le mie potenzialità. Che forse non saranno eccezionali - o almeno è questo di cui sono convinto - ma ci sono, e tenerle sedate senza alcun motivo è da stupido oltre che logorante. Mi autoconvinco di desiderare la condivisione e il confronto, ma forse sono le cose che più temo visto che non le cerco, e quando si presentano mi tiro indietro. Perché? Non era così, qualche anno fa. Com'è successo che sono affogato nella disillusione? E' passata da punto di forza a estrema debolezza, di quelle che ti incatenano e non ti lasciano più far nulla. Quand'e' che la mia ingenua alterigia, mascherata da umiltà, è diventata totale diffidenza e invenzione di distanze inesistenti?

Mi sento intrappolato, e la cosa peggiore è che so che la trappola sono io. Quanto dovrò distruggere di me stesso per liberarmi?

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