MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


11.11.06

Ascolti (28 ottobre-10 novembre)

Indigestione di folk inglese in queste due settimane. E' un po' che sono alla ricerca di "strade alternative" al blues nel rock che però non si spingano fino al noise o all'atonalità, e nel folk-rock britannico a cavallo tra gli anni 60 e gli anni 70 ho trovato un bel po' di roba stuzzicante. Si va da dischi essenzialmente cantautorali (Tir Na Nòg, Nick Drake, Richard & Linda Thompson) a riletture elettriche di pezzi tradizionali (i Fairport Convention da "Liege & Lief", i Pentangle da "Cruel Sister"), passando per dischi sostanzialmente progressive (Trees, Forest, Mellow Candle) e ensamble acustici che cercano di creare il suono tradizionale magari velocizzandolo un po' e dandoci dentro coi virtuosismi (Planxty, Dervish - ma questi sono recenti). E poi alcuni dischi assolutamente unici, personalissimi: "Basket of Light" dei Pentangle, a occhio e croce il capolavoro dei capolavori del settore, i Jan Dukes de Grey, gli Spirogyra, gli Espers...
Quando mi sarò ripreso dalla scorpacciata - e avrò sentito ancora altro nel frattempo - farò un bel post ricapitolativo della scena, se non altro per fare ordine.

Faust: omonimo
(1971) 7,5/10 (R)
Faust: So Far (1972) 6,5/10 (R)
Faust: IV (1974) 7,5/10 (R)
Van Der Graaf Generator: Still Life (1976) 8/10 (R)
Van Der Graaf: Vital (1978) 7/10 (R)
Kevin Ayers: Joy of a Toy (1969) 8/10 (R)
East of Eden: Mercator Projected (1969) 7,5/10 (R)
East of Eden: Snafu (1970) 6,5/10
High Tide: Sea Shanties (1969) 6,5/10 (R)
Rozzo, approssimativo e per niente lucido. Senza dubbio estremo, con alcuni riff eccezionali e atmosfere avanti anni, ma alcune geniali intuizioni non bastano a rendere i pezzi solidi, e l'album un lavoro a fuoco.

Martin Carthy: omonimo (1965) 6,5/10
Tir Na Nòg: omonimo (1971) 7,5/10
Nick Drake: Pink Moon (1972) 7,5/10 (R)
Richard & Linda Thompson: I Want to See the Bright Lights Tonight (1974) 6,5/10 (R)
Jan Dukes de Grey: Sorcerers (1970) 6,5/10

Jan Dukes de Grey: Mice and Rats in the Loft (1971) 7,5/10
Si potrebbe descrivere questo disco come il "White Light/White Heat" del progressive rock. Registrato caninamente, avanti decenni, espressionista, senza dubbio uno dei dischi piu' originali dell'intero panorama progressivo. Non avevo mai sentito un'acustica a dodici corde stuprata in questa maniera: rumore d'attacco che sovrasta il resto del suono, clangore, grattuggiate e armonici. Tra indie, new wave e no wave. Che se ne fa un gruppo cosi' di una chitarra elettrica? Batteria ora tribale, ora minimale o jazzata, costantemente fuori tempo, un po' alla Anton Fier (e non e' l'unica somiglianza col primo Feelies). Una miriade di altri strumenti che si inseriscono qua e la', tutti suonati in maniera molto dilettantesca: flauto, sax, armonica, xilofono... Voce spezzata, epica e sentitissima, drammatica. Praticamente un disco lo-fi con le strutture del progressive e poca, pochissima tecnica. Tre lunghe suite, tutte quante un po' prolisse e prive di autentici picchi, ma assolutamente stupefacenti per atmosfere (certi segmenti potrebbero essere su un disco dei Neurosis), idee e suono.

Fairport Convention: Unhalfbricking (1969) 7/10 (R)
Fairport Convention: Liege & Lief (1969) 8/10
Fairport Convention: Full House (1970) 5,5/10
The Pentangle: Sweet Child (1968) 7,5/10 (R)
The Pentangle: Basket of Light (1969) 9/10 (R)
The Pentangle: Cruel Sister (1970) 7/10
The Pentangle: Reflection (1971) 6,5/10
Forest: Full Circle (1970) 6,5/10
Spirogyra: St. Radigundus (1970) 8/10 (R)
Lindisfarne: Nicely out of Tune (1970) 7/10 (R)
Lindisfarne: Fog on the Thyne (1971) 6,5/10
Mellow Candle: Swaddling Songs (1972) 6,5/10
Trees: On the Shore (1970) 7,5/10

Espers: II (2006) 7,5/10
Folk progressivo dalle tinte notturne, magiche. Musica fuori dal tempo, che si rifa' ai vari Comus, Trees ma avvalendosi delle tecnologie e delle tecniche di registrazione di oggi, risultando ancora più crepuscolare e etereo. Incantevole la voce femminile, ottimi intrecci strumentali, con un violino che spesso fa l'eco alla viola di Cale, organo, theremin e una chitarra elettrica misurata a rifinire l'acquerello col suo fuzz. I pezzi non sono melodicamente eccezionali, il disco gioca più sulle atmosfere evocative, sui suoni e sulla ripetizione. Un pizzico di orecchiabilità in più e ci scappa il capolavoro.

Alan Stivell: Renaissance de l'Harpe Celtique (1971) 6,5/10
Alan Stivell: A' l'Olympia [live] (1972) 7,5/10
Horslips: The Book of Invasions - A Celtic Symphony (1977) 5,5/10 (R)
Può esistere qualcosa di più tamarro degli Emerson, Lake & Palmer che suonano pezzi tradizionali irlandesi? Fortunatamente non tutto il disco segue questo schema, e i pezzi meno pomposi e più leggeri sono anche piuttosto carini.
Planxty: omonimo (1973) 7/10
Dervish: Midsummers' Night (1999) 7/10 (R)

Linkin Park: Hybrid Theory (2000) 7/10
The Beach Boys: Pet Sounds (1966) 6,5/10 (R)
Joanna Newsom: YS (2006) 7/10
XTC: Drums and Wires (1979) 8/10
Bloc Party: Silent Alarm (2005) 8/10 (R)
Ok Go: Oh No (2005) 5/10

The Appleseed Cast: Peregrine (2006) 7,5/10 (R)
Questi ormai di emo hanno gran poco, e sono ampiamente lanciati nei territori degli Explosions in the Sky, restando però legati alla forma-canzone e alle forti melodie e al drammatismo del loro genere di provenienza. Pezzi molto convincenti, ricchi di inserti elettronici che ampliano ma gamma sonora che ci si potrebbe aspettare da un disco del genere. Molto pop, belle canzoni e un ottimo flusso globale, con parecchie "aperture" più ottimiste. Il futuro probabilmente passa di qui.

I Would Set Myself on Fire For You: Believes in Patterns (2006) 7/10
Un buon disco screamo, sulla scia dei Circle Takes the Square o dei seminali City of Caterpillar. Hardcore tecnico, scream disperato e post-rock, insomma, e questa volta ancora più virato verso il post-rock emotivo che nei due gruppi citati sopra. Sono le parti strumentali a farla da padrone, col violino che assume un ruolo sempre centralissimo, evocando paesaggi con l'aiuto di una moltitudine di effetti elettronici, rumorini, frammenti radio e perfino ottoni. Insomma, questi devono esserci rimasti sotto coi Godspeed You Black Emperor!. Il disco è senza dubbio catartico e evocativo, anche se non arriva ai picchi di intensità dei capolavori del genere. Sul piano evolutivo, però, segna un ulteriore passo nell'estensione dei confini dello screamo e della conquista del mondo da parte del post-rock emotivo, ormai onnipresente.

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