MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


14.2.08

Pessimo, pessimismo e conservatorismo (in fieri)

Il recente scritto "Pessimismo e pessimità" dell'Oannes pone alla nostra attenzione una questione che ci pare interessante, circa l'auspicabilità di una letteratura scientemente "pessima" che egli denomina: "pessimismo".
Non siamo nuovi a quest'uso del termine, che sembra avere poco a che fare col suo significato canonico (torneremo in seguito sulla questione); né a una simile proposta. Entrambe nascono infatti dalla comune riflessione su un'esperienza: la scrittura di "Pittime di guerra", caricatura polichirale della fan-fiction "Vittime di guerra".
Vuole questa risposta segnare un ulteriore avanzamento in quello che può ormai definirsi l'equivalente contemporaneissimo del tanto celebre "dibattito sul post-moderno" di qualche decennio addietro. Procederemo, sul modello dell'Oannes e di una tradizione con cui non cerchiamo una rottura ad ogni costo, per punti.

1. De mediocritate
L'Oannes individua come questione centrale, e in questo siamo concordi, il problema della distanza percepita o in altre parole della mimesis. L'obiettivo primo e più immediato del pessimismo è la produzione consapevole di mediocrità: ma quanto questa consapevolezza deve risultare percepibile? L'assunto è la consapevole mediocrità, il problema la commutatività dei termini della locuzione: deve ciò significare (e a che livello?) mediocrità consapevole?

Siamo dell'opinione che una linea univoca e condivisa a riguardo della questione, che propenda categoricamente per il o per il no sia non solo di difficile, ma altresì deleteria. Il movimento pessimista che si va auspicando avrebbe infatti la sua forza - e conseguentemente la sua efficacia - e nella pluralitas offerta dal pessimo immanente alla tanto vituperata cultura di massa, e nella pluralitas per sua essenza imminente (in quanto da farsi) del pessimo che sarà prodotto, ovvero degli orientamenti di coloro che lo produrranno: i pessimisti.

Per quanto riguarda l'opzione che ci è più incline, riterremo almeno in una prima fase di dedicarci a una mediocrità consapevole: perché non si riduca il pessimismo sul nascere a un altezzoso dileggio per adepti, perché scopo del ludus pessimista è non già la negazione della comunicazione, l'opposizione radicale al mediatico e alla cultura che ne è espressione, quanto piuttosto l'esposizione a pubblico ludibrio dei meccanismi che ne rigano la superficie e ne riflettono le strutture profonde (a loro volta di esse riflesso, in una rete Peirceano/Heideggeriana di continui tradimenti di senso).

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