MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


22.5.06

Ascolti della settimana (15-21 maggio)

della settimana:
Circle Take the Square: As the Roots Undo [Robotic Empire, 2004]
8/10
Più esploro l'universo rock, più mi convinco che, dopo un certo tempo, ogni genere inizi a mostrare derive "prog". "As the Roots Undo" sembra essere l'ennesima conferma della mia teoria. La musica è profondamente radicata nell'hardcore punk, con tutti i crismi di questo genere che solitamente odio, dalla batteria concitata cassa-rullante-cassa-rullante allo scream ai momenti di puro marasma sonoro. Ma se le radici dei Circle Take the Square sono nell'hardcore, è verso post-rock dei Godspeed You Black Emperor! e il post-metal di scuola Neurosis che si protendono i suoi rami, arrivando qua e là a sfiorare pure i territori dei Dillinger Escape Plan. I brani sono autentiche suite costruite secondo lo schema dei costanti crescendo e dell'alternanza tra momenti di calma che man mano si fa più tesa e assalti impetuosi di pura violenza hardcore. Un disco in realtà difficile da descrivere, sulla carta non molto differente da altre proposte, ma all'atto pratico assolutamente unico, esaltante e coinvolgente.

della settimana:
Turing Machine: Zwei [French Kiss, 2004]
8,5/10
Il miglior album math-rock che abbia mai ascoltato è il parto di una band dal nome a dir poco programmatico. Le lunghe cavalcate dei Turing Machine, trio collegato a Doldrums e Pitchblende, sembrano nascere nel punto d'incontro tra Neu! e Don Caballero, e in questo secondo LP prendono un piglio ancora più ermetico e spaziale che nell'esordio, approdando dalle parti dei Guapo. Tra chitarre lancinanti e intrecci ritmici tanto cervellotici quanto immediati e groovy (qualche traccia si potrebbe pure ballare), i deliri siderali noise-kraut dei Turing Machine fondono due mondi musicali che si rivelano ancora più vicini di quanto già non si potesse sospettare, realizzando un lavoro che in quanto a classe, maturità e godibilità non ha davvero niente da invidiare ai loro numi tutelari.

Altri Ascolti:

Daturah: [self-titled EP] [Graveface Records, 2005] 7/10
Il filone "emotivo" del post-rock è ormai un vero e proprio genere, con i suoi cardini, i suoi stilemi e i suoi cliché. Si potrebbe probabilmente costruire un programmino che sforni brani in questo stile con discreti risultati. Molti gruppi tendono ad assomigliarsi e i tedeschi Daturah non sono da meno.
La loro musica sta a metà strada tra Explosions in the Sky e Pelican, ricorda i Caspian e i Red Sparowes: un po' più sporca dei primi e un po' meno occhieggiante al metal che i secondi. Niente di sconcertante nelle pretese, dunque, ma senza dubbio ben suonata, ben prodotta e con la caratteristica più importante in questo genere: la capacità di andare dritta al cuore. Brandelli di comunicazioni via ricetrasmittente (devono essersi sentiti per bene i GYBE!), arpeggi lenti e spaziosi, con un basso rovente ad aprire la scena a muri di chitarre sludge che si inseriscono all'apice della tensione. Sì, niente di nuovo sotto il sole, ma la sua scena la fa lo stesso.

Doctor Nerve: Every Screaming Ear [Cuneiform, 1997] 9/10 (R)
Dei Doctor Nerve, Scaruffi non parla. E, dato che non ne parla lui, non ne parla nessuno. Anzi, non li conosce proprio nessuno, o quasi. E invece un po' di fama la meriterebbero, perché "Every Screaming Ear" è uno dei più grandi dischi di musica totale di sempre. Inutile elencare le tracce di generi che ci si trovano dentro, davvero difficile trovare qualcosa che ne resti fuori (la house, l'hip-hop, la soul music, il metal estremo). Captain Beefheart e Zappa sono gli indiscussi ispiratori di questo sensazionale guazzabuglio, in cui trovano spazio fiati, deliri chitarristici, pezzi live e brani composti e eseguiti da un programma creato dal leader del gruppo. Un disco immancabile, che senza dubbio continuerà a essere sottovalutato e misconosciuto in futuro almeno finché il prossimo Scaruffi di turno si degnerà di incensarlo - per una volta - a dovere. Cosa che probabilmente mai accadrà, perché questo disco non è innovativo, non è influente, non interpreta lo zeitgeist (anzi, è fuori tempo massimo di almeno vent'anni) e non è precursore di nulla, è solo dannatamente, genialmente, bello.

Rites of Spring: End on End [Dischord, 1991] 4/10
Io questa musica non la capisco. Una canzone ("All There Is") mi piace tantissimo, altre tre o quattro delle più pop, specialmente verso la fine, le ascolto con piacere. Il resto viaggia tra l'indifferenza totale e il fastidio fisico. "Merda hardcore" è la descrizione più sentita e concisa di una buona metà del disco, con quella batteria del cavolo suonata da cani e registrata peggio, sempre sullo stesso ritmo tumpatumpatumpa, con questi riff che puzzano di punk lontano kilometri. Non mi si venga a dire che è un disco epocale, emotional hardcore di qui e di là, perché lo so e perché se non scrivessi quello che penso questo commento non avrebbe senso. Le emozioni, salvo le cinque-sei tracce di cui sopra, non ce le sento. Non ci sento niente di particolare davvero, nella forma e nella sostanza. E un po' me ne rammarico pure, perché spesso mi capita di detestare un disco, o di capire perché ad altri piace tanto ma di non amarlo altrettanto per legittime questioni di gusti. Ma molto raramente mi capita non non trovare davvero nulla di particolare in un disco osannatissimo, e quando mi capita è sempre un po' una mezza sconfitta personale.

Sepultura: Roots [Roadrunner, 1996] 7,5/10
Etno-metal? Mica troppo. A parte qualche brano, le contaminazioni con la musica amazzonica sono o del tutto assenti o limitate alla facciata. Death metal? Ma dove? A me questo pare nu-metal bello e buono. "Bello e buono" detto di un disco nu-metal non è cosa da poco. Riffoni bassissimi, ritmi che non hanno nulla né del thrash-metal di provenienza né delle foreste brasiliane (mica tutti i pezzi sono "Ratamahatta"). Una chitarra che più che suonare metal suona come un barrito di elefante iper-effettato, non avevo mai sentito niente di simile se non da Adrian Belew. Che ovviamente qui non c'entra niente. Ho trovato pure l'etichetta "progressive metal" affibbiata a questo disco: niente di più lontano e dall'accezione comune e dallo spirito progressive a me tanto caro, questa è pura frenesia primordiale, istinto e visceralità. E pure un po' di prolissità, perché sto disco non finisce più e qualche pezzo era risparmiabile, ma glie lo si può perdonare data la sua unicità!

Meshuggah: Nothing [Nuclear Blast, 2002] 8/10
Pixies: Surfer Rosa [4AD, 1988] 5/10
Turing Machine: A New Machine for Living [Jade Tree, 2002] 7,5/10
Don Caballero: 2 [Touch & Go, 1995] 7,5/10 (R)
Don Caballero: What Burns Never Returns [Touch & Go, 1998] 8/10 (R)
Doldrums: Desk Trickery [Kranky, 1999] 7/10 (R)
Family: Family Entertainment [See for Miles, 1969] 8/10 (R)
The Birthday Party: Prayers on Fire [Buddha, 1981] 8/10 (R)

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