MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


7.5.06

Ascolti della settimana (1-7 Maggio)

della settimana:
Katatonia: The Great Cold Distance
[Peaceville 2006]
7,5/10
Primo album che sento della celebre formazione doom metal svedese. Non posso pertanto fare paragoni coi dischi precedenti, ma quel che è certo è che questo mi ha colpito molto. Un sound eccelso, con più di qualche rimando ai Tool, ma anche parecchie vicinanze a Anathema, Porcupine Tree e perfino ai connazionali Anekdoten. A tratti più alternative rock che metal, questo disco sembra fatto apposta per chi il metal proprio non lo regge ma è un fan del versante più "duro" del progressive recente, con cui le somiglianze nel sound sono evidenti.
Non tutti i pezzi sono allo stesso livello, ma "Leaders", "Deliberation", "Soil's Song", "Rusted" sono davvero memorabili. A dispetto delle recensioni lette, non ho trovato il disco particolarmente deprimente: teso ed emozionante senza dubbio, almeno negli episodi migliori. Una scoperta da approfondire.

della settimana:
The Postman Syndrome: Terraforming [Now or Never, 2002]
8,5/10
Non so davvero come sia possibile che fino alla settimana scorsa non avessi mai sentito parlare di questo disco. E', senza mezzi termini, un capolavoro e merita di essere considerato tra i migliori e più riusciti album del nuovo millennio. La formula è una miscela tanto azzardata quanto sorprendente tra quelle dei principali nomi dell'alternative rock e dell'alternative metal contemporaneo: Radiohead, Deftones, Rage Against the Machine, Meshuggah, Tool, Neurosis, Dillinger Escape Plan, System of a Down, ma è evidente che lo stile compositivo e la concezione della musica discende direttamente da quello di Yes e King Crimson. Un album "progressive rock", insomma, e in una maniera piuttosto diversa sia dai revivalisti simil-prog che ai sempre più ostici (e interessanti) avant-progger, math-rocker e blackmetallari riconvertiti. La musica dei Postman Syndrome è infatti splendidamente "easy listening", orecchiabile: non sono composizioni, pièce astratte e cerebrali, ma sane canzoni con la loro bella carica rockettara. Come sti tizi riescano a creare brani così diretti e a fuoco partendo da una materia così varia, con continui cambiamenti e sovrapposizioni di stili, riffoni nu-metal e batterismi post-hardcore, delicati arpeggi e stacchi jazzati, è un mistero. I brani sono quasi tutti in metri strambi ma è impossibile accorgersene senza contare. Quello che lascia davvero esterrefatti di questo disco è la totale naturalezza con cui scorrono i pezzi, a dispetto della loro intricatezza: mai un passaggio fine a sé stesso, mai un momento bollabile come esibizionismo, solo la forza e il "flusso" di canzoni belle e trascinanti. Quest'anno escono i dischi di Day Without Dawn e East of the Wall, gruppi collegati ai Postman Syndrome. Non vedo l'ora di sentirli.

Altri ascolti:

Porcupine Tree: Deadwing [Lava, 2005]
7,5/10 (R)
Strana la situazione dei Porcupine Tree. Osannati dalla critica specializzata al punto tale che ormai è trendy dirne male, snobbati dalla critica musicale generale e bollati come derivativi e inattuali, con una larghissima base di fan che però tende a ripudiarne gli ultimi lavori. Se in tanti erano d'accordo sul considerare "In Absentia" un buon disco (ottimo, per quanto mi riguarda), sono stati invece relativamente pochi a accogliere positivamente l'ultima fatica di Steven Wilson e soci. E, in genere, i meno autorevoli.
Inizialmente anch'io ero rimasto perplesso, ma col tempo ho rivalutato questo disco. I Porcospini sono ormai un gruppo progressive metal a tutti gli effetti: certo per una strada diversa dagli stucchevoli virtuosismi che troppo spesso vengono abbinati al genere, ma distante anche dalla cerebralità di certe proposte estreme (pur assai gradite a Wilson). La matrice floydiana affiora ancora qua e là ("Arriving Somewhere, but not Here"), ma a far da padroni sono certo le influenze tardo-crimsoniane, con un'apertura (la title-track) che sembra uscita da "The Power to Believe". Ma bollare come derivativo il disco è davvero segno di miopia, perché è evidente che, a dispetto delle mille influenze, "Deadwing" è l'ulteriore prova che i Porcupine Tree hanno uno stile e un gusto propri, riconoscibili, influenti e parecchio accattivanti. Non sono certo il gruppo-copia di nessuno, anche se va ammesso che "Lazarus" suona assolutamente Coldplay (!). Tra la delicata durezza della maggior parte dei pezzi, emergono "Open Car" e soprattutto la splendida "So Called Friend" col suo riff prog-metallico in 14/8. Da non sottovalutare.

The Mass: City of Dis [Crucial Blast, 2004]
6,5/10
Questo è il classico disco di cui riconosco la validità ma non riesco ad apprezzare appieno. Probabilmente, questo lavoro piacerebbe da matti a chi, diversamente da me, non ha un'idiosincrasia viscerale per i blast beat di derivazione hardcore. Intendiamoci, però: normalmente quando attaccano i blast beat, prendo l'mp3 e lo butto nel cestino; qua la cosa è invece decisamente diversa. Perché devo riconoscere che ci stanno, sono usati bene e il risultato finale è bello. Ma vengo al dunque. I californiani The Mass propongono uno spazzcore progressiveggiante, vagamente metallico, che assomiglia a un incontro tra Hella e Flying Luttenbachers. Due sassofoni, cantato tra growl e scream, chitarre sferraglianti, delirii free-jazz, martellamenti hardcore e pause atmosferiche. Un disco senza mezzi termini, con una buona dose di caos primigeno non imbrigliato ma lasciato libero di dimenarsi mantenendo sapientemente un controllo a distanza. So che meriterebbe più di quel che gli ho dato, e lo riascolterò ancora per apprezzarlo meglio nonostante la mia hardcorefobia.

Meshuggah: I [EP] [Nuclear Blast, 2004]
7/10
Sui Meshuggah ho opinioni discordanti. Hanno inventato una lingua stupefacente, ma mi sembra non siano i migliori a parlarla. Tutti a celebrarne la complessità, ma a me sembra i loro pezzi siano spesso di una banalità strutturale disarmante. Mica brutti eh, affatto, anzi, assai belli, ma mi la sensazione è che abbiano una Ferrari e ci vadano come se fosse una BMW (cosa già non male). Questo "I" è un unico pezzo da 21 minuti, che non mi pare aggiunga molto a quanto precedentemente detto, anzi sia forse un passetto indietro rispetto a "Nothing". Certo, la musica fila che è un piacere, con incastri ritmici che trasformano lo stesso monolitico riff a ogni battuta, facendolo suonare sempre diverso. Nel complesso, però, manca un po' la "melodicità" di un "Destroy, Erase, Improve" e mi sembra che il pezzo sia sì fatto di buone idee, ma nel complesso non abbia un gran senso. E' sempre un gran bel sentire, però!

Santos: Home Sweet Home [Mantra Vibes, 2006] 5,5/10 (R)
King Crimson: Lark's Tongues in Aspic [EG, 1973] 8/10 (R)
Candiria: 300% Density [Century Media, 2001] 7/10 (R)

2 comments:

Anonymous said...

ti consiglio Viva Emptiness dei Katatonia, l'album precedente, ancora più meraviglioso.

Gika

wago said...

Ok grazie del consiglio, sei il secondo in due giorni che mi segnala questo come disco con cui proseguire, dunque lo scarichero' appena torno a Bergamo!